10 aprile 2020

Arrivano i russi

Marco Travaglio

In due articoli apparsi sul Fatto quotidiano il 26 e il 28 marzo scorsi Marco Travaglio ci offre una divertente presa in giro di alcuni articoli allarmistici apparsi sulla Stampa di Torino in relazione all'arrivo in Italia, per aiutare a combattere il coronavirus, di un gruppo di medici militari russi. Gli articoli della Stampa e la dura risposta russa sono stati anche oggetto di un comunicato ufficiale del governo italiano (in fondo). Di seguito ampi stralci dei due articoli di Travaglio


Prima o poi doveva capitare, ed è capitato: i cosacchi dell’Armata Rossa che abbeverano i cavalli alle fontane di San Pietro. Ora non sono più soltanto Nostradamus e la propaganda anticomunista degli anni 50 a dirlo. Lo dice anche La Stampa con uno scoop mondiale che, va detto, avrebbe meritato spazi un po’ meno esigui di un pezzulletto in basso a pagina 6. Ma, si sa, l’occhiuta censura filorussa arriva dappertutto, anche alla corte degli Elkann. Dunque è successo questo: “Sabato scorso è avvenuta una lunga telefonata tra Conte e Putin”, cosa già di per sé grave. “Putin si è impegnato ad aiutare l’Italia nella battaglia al Coronavirus”, fatto quanto mai inquietante. “E domenica sera, all’aeroporto militare di Pratica di Mare, sono arrivati nove aerei Ilyushin con forniture russe e 100 specialisti nella guerra batteriologica”, il che aggiunge orrore all’orrore. Ma non è finita: “Gli esperti mandati da Mosca sono medici militari”, quindi - per quanto la cosa possa sorprendere - fanno “capo al ministero della Difesa russo, non a quello della Sanità”. Non solo: hanno - lo direste mai? - “i gradi di generali, colonnelli, maggiori, tenenti colonnelli” e non si esclude la presenza di qualche maresciallo.

Ora tenetevi forte, perché arriva la botta finale: essi non restano fermi lì a Pratica di Mare, che so, per visitare l’aeroporto o a fare una gita nella vicina ridente Pomezia. No, essi “si muovevano”. E, quel che è peggio, trattandosi di militari, “con mezzi militari”. Non so se mi spiego: “Da Roma in direzione Bergamo, per 600 km, in territorio italiano” (si era anche pensato di imbarcarli nel mar Tirreno verso la Francia su un cargo battente bandiera liberiana e andarli a prendere a Marsiglia, ma poi si è soprasseduto). Il tutto “con la benedizione di Palazzo Chigi”, e ho detto tutto. A questo punto diventa retorico il terrificante interrogativo “chi ha dato indicazione di aprire l’aeroporto di Pratica di Mare?”, perché ci pare di conoscerne vagamente la risposta: Conte, l’uomo che solo tre mesi fa i giornaloni accusavano di averci venduto a Trump in cambio del tweet pro Giuseppi (come presto si sarebbe incaricato di dimostrare per tabulas il famoso “rapporto Barr”, poi purtroppo andato perduto) e che ora, con quella telefonata a Putin, ci ha venduti alla Russia. Il segugio de La Stampa, pur confinato a pag. 6 in basso a sinistra, non ha dubbi: “Tra quelle forniture russe l’80% è totalmente inutile, o poco utile all’Italia. Insomma poco più di un pretesto”. Per fare che? Mettetevi comodi, perché certe notizie è meglio riceverle da seduti.
Putin ha visto nel Coronavirus un’opportunità per incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano e al premier italiano non è dispiaciuto puntellarsi, in questa difficile crisi, accettando tutto ciò pur di consolidare un’ottima relazione personale con la sponda politica di Mosca”. I due s’illudevano di passare inosservati, ma all’astuto ghostbuster stampista non la si fa, infatti li ha subito sgamati nell’atto di “incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano” (probabilmente l’Ambra Jovinelli) l’uno, e di “puntellarsi con la sponda di Mosca” l’altro (che, godendo solo dell’84% dei consensi, si sente deboluccio). 
[...]
E Conte che fa? Invece di farli arrestare e fucilare, non solo ne accetta gli aiuti, ma manda i putribondi figuri addirittura a Bergamo, dove rischiano di fare comunella con altri emissari travestiti da medici di altre due dittature comuniste: Cina e Cuba. Il tutto non certo perché l’Italia abbia bisogno di medici e materiali sanitari, ma perché questo si puntella e quell’altro si incunea. Infatti La Stampa titola: “La telefonata Conte-Putin agita il governo: ‘Altro che aiuti, arrivano militari russi’”. 
Ora nei palazzi che contano a Roma non si parlava d’altro e stanotte i ministri hanno dormito fuori casa, per precauzione. Tutti a domandarsi chi abbia imbeccato il segugio, alzando il velo sulla colonna di tank dell’Armata Rossa che scorrazza per l’Italia insidiando le basi NATO col “pretesto” di portare medici e aiuti e approfittando della quarantena che tiene lontani gli sguardi indiscreti e rende spedito il traffico sul grande raccordo anulare. Insomma, chi abbia svelato che l’invasione russa, vagheggiata invano per decenni da Stalin, Kruscev e Breznev, è in pieno corso ora, tra il lusco e il brusco, a opera di Putin e della sua quinta colonna a Palazzo Chigi. Il ghostbuster cita “fonti politiche di alto livello” e, visti i precedenti, c’è da credergli. 

[… Dall'altroieri a oggi] ci sono sviluppi.
Stando al piccolo Le Carré, i 32 temibili medici militari inviati da Mosca per invaderci e colonizzarci con la scusa del virus, non a caso armati di 100.000 mascherine (per non farsi riconoscere) e 30 ventilatori polmonari (per gasare i ricoverati), si sono “acquartierati nella foresteria Pio IX di Roma, di solito riservata allo Stato maggiore dell’esercito italiano” che, anziché passarli subito per le armi, li ha addirittura lasciati “acquartierare”. Poi il viaggio in autostrada, miracolosamente scampato ai viadotti griffati Benetton e concluso col “dispiegamento nell’area di Bergamo”. Ma, assicura il nostro ghostbuster, “la cosa non dissipa i timori”, anzi. Gli invasori fingono di portare aiuti, protezioni e tecnologie all’ospedale da campo, ma in realtà mirano a ben altro.

E chi meglio di quel volpone di Jacopo può spiegarcelo. E’ vero che, digiuno di storia, ignora i trascorsi di casa Agnelli con l’URSS. Però ha consultato “qualcuno dotato di una certa cultura storica”, purtroppo anonimo, ma munito di mappamondo e Bignami. Sentite che roba: “La data con cui si fa coincidere l’inizio dell’invasione sovietica in Afghanistan è il 25 dicembre 1979, quando gli enormi aerei da trasporto sovietici carichi di soldati iniziarono ad atterrare nella base aerea di Bagram, poco lontano da Kabul. Amin era ancora convinto che i sovietici fossero suoi alleati e li accolse con gioia. Ora sono cambiati i tempi e i modi, ma la sostanza resta la stessa”. Ovvio: Giuseppi, novello Amin, crede che i 32 medici russi siano medici, invece sono qui per invaderci, come i loro babbi in Afghanistan 40 anni fa. E non abbiamo neppure i mujaheddin per combatterli sulle montagne. A parte uno: il comandante Jacob al Iakobonh, avvistato ieri su un minareto improvvisato in cima alla Mole Antonelliana mentre chiamava alla pugna i volontari antisovranisti, brandendo il fuciletto a tappo. Finora, dalle strade inspiegabilmente deserte, il suo straziante appello è stato raccolto da due mosconi, un gatto e un pipistrello.

Gli articoli completi di Travaglio ai seguenti link:


In relazione agli articoli di Iacoboni sullla Stampa, e alla dura presa di posizione del ministro russo Konascenkov, il ministero degli Esteri e il ministero della Difesa italiani hanno replicato con una nota congiunta, nella quale si ribadisce che la libertà di espressione e il diritto di critica sono valori fondamentali del nostro paese, e si aggiunge che il contingente russo «è composto di 104 unità, nello specifico 32 operatori sanitari (tra medici e infermieri), 51 bonificatori e altro personale di assistenza e interpretariato a supporto», che sta lavorando insieme al personale della Difesa italiana e del ministero della Salute, e che i materiali consegnati finora sono «50 ventilatori polmonari, 330.000 mascherine, 1.000 tute protettive, 2 macchine per le analisi di 100 tamponi rapide, 10.000 tamponi veloci, 100.000 tamponi normali, un laboratorio di analisi, 3 complessi per la sanificazione di mezzi e ambienti e 3 stazioni di sanitizzazione per ampie superfici». 

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