Elena Basso
1994. Negli anni precedenti le celebrazioni per il 25 aprile erano sempre meno partecipate. Si potevano incontrare anziani partigiani accompagnati dai nipotini, persone che quel periodo l’avevano vissuto o ne erano state segnate per la perdita di qualche caro o per i racconti di famiglia. Ma nel 1994 la dissoluzione dei partiti antifascisti e l’avvento al governo di un partito neofascista fecero riscoprire il valore politico e il significato storico della Liberazione. Il 25 aprile 1994 Milano fu inondata da una pioggia torrenziale e da centinaia di migliaia di cittadini, che insieme ribadivano i principii fondanti della Costituzione, primo fra tutti il lavoro e la sua dignità.
In un celebre discorso alla Camera dei deputati nel 1970, Sandro Pertini ricordava che “senza la tenace lotta della classe lavoratrice - lotta che inizia negli anni '20 e termina il 25 aprile 1945 - non sarebbe stata possibile la Resistenza, senza la Resistenza la nostra patria sarebbe stata maggiormente umiliata dai vincitori e non avremmo avuto la Carta costituzionale e la Repubblica.
La classe operaia partecipa agli scioperi sotto il fascismo e poi durante l'occupazione nazista… Saranno i contadini del Piemonte, di Romagna e dell'Emilia a battersi e ad assistere le formazioni partigiane. ... La più nobile espressione di questa lotta e di questa generosità della classe contadina è la famiglia Cervi. Protagonista è la classe lavoratrice che con la sua generosa partecipazione dà un contenuto popolare alla guerra di Liberazione. Ed essa diviene, così, non per concessione altrui, ma per sua virtù, soggetto della storia del nostro paese. Questo posto se l'è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.”
Questo posto è consacrato nella nostra Costituzione:
nell'articolo 1: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Nell'art. 3: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Nell'art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Oggi che la crisi ha mostrato che sono ancora i lavoratori, soprattutto i più precari e i meno tutelati, dai braccianti stagionali nelle campagne, ai lavoratori della logistica e dei trasporti, al personale sanitario e di assistenza, a garantire il funzionamento, sia pure ridotto, del paese, si rende ancora più urgente e indispensabile la piena attuazione della Costituzione.
Cominciando dal riconoscimento dei diritti dei migranti irregolari, che mai come oggi devono poter emergere per poter avere accesso alla sanità e al lavoro.
A ciò ci invitava già Carlo Smuraglia nel 2016 ricordando che il 25 aprile è “giorno di gioia, ma anche giorno di ricordo e di memoria, giorno d'impegno alla partecipazione, di impegno nel quotidiano per riscattare il Paese e riportarlo alla sua grandezza (conquistata con la Resistenza), al disegno costituzionale, alla volontà e ai sogni dei combattenti per la libertà” e chiudeva con le parole di Sergio Mattarella “È sempre tempo di resistenza!”
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