10 aprile 2020

Diamo i numeri

Quanti sono i morti per COVID-19 in Italia?
Il numero dei morti, come sappiamo, continua a crescere, e viene comunicato giornalmente dalla Protezione Civile. Nel momento in cui scrivo queste note (8 aprile) è 17.127; quando leggerete sarà certamente più alto. Tuttavia pare certo che il numero reale sia molto mggiore. Vediamo perché.


Sappiamo tutti che il dato ufficiale sottostima grandemente il numero reale di morti, perché prende in considerazione soltanto coloro che sono risultati positivi al test del tampone, test che si effettua soprattutto sulle persone che vengono ricoverate in ospedale, e quindi ignora la maggioranza di coloro che muoiono in casa o nelle case di riposo.
E' soprattutto in queste ultime, dove si concentrano persone molto anziane e in genere affette da altre patologie, che il virus ha fatto le sue vittime, ignorate dai conteggi ufficiali. Dopo le denunce di situazioni drammatiche in molte case di riposo, con mortalità tre-quattro volte maggiori dell'ordinario, l'Istituto Superiore di Sanità ha lanciato un'indagine volta a monitorare la situazione nelle 2.400 RSA italiane (di cui i due terzi sono concentrate in sole tre regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna). Alla data del 6 aprile avevano risposto 577 strutture, ed ecco i dati che riguardano la mortalità che emergono dalle risposte:

Regione Decessi Positivi Altri sintomi influenzali
COVID
+sintomi
%
Mortalità
Lombardia
1822
60
874
934
51,3
6,8
Veneto
760
16
109
125
16,4
1,1
Emilia-Romagna
352
24
152
176
50
3,1
Totale Italia
3859
133
1310
1443
37,4
3,1

(Le ultime due colonne danno le percentuali di decessi per malattie influenzali sul totale dei decessi e sul totale dei residenti)

Dai risultati dell'indagine sembrerebbe che il numero di decessi nelle case di riposo dovuto al virus potrebbe essere sino a dieci volte superiore al valore accertato col tampone.
D'altra parte l'Istituto Cattaneo di Bologna ha confrontato il numero di decessi registrati tra il 21 febbraio e il 21 marzo di quest'anno in 1084 comuni (selezionati dall'ISTAT tra quelli che hanno avuto un marcato aumento della mortalità, con una popolazione complessiva di 12 milioni di abitanti) con il numero medio di decessi registrato negli stessi comuni negli ultimi cinque anni. Il numero i decessi in eccesso è risultato pari a 8.740, quasi doppio rispetto al numero fornito dalla Protezione Civile per tutta l'Italia che era, al 21 marzo, di 4.825.
I dati relativi alla mortalità, scrive l'Istituto Cattaneo nel suo rapporto, sono tendenzialmente stabili nel tempo. Pur con le dovute cautele, quindi, gli scostamenti nella mortalità rispetto ai valori che essa ha assunto nel passato possono essere interpretati come morti aggiuntive dovuti all’azione del virus.
Anche sotto un assunto di massima prudenza, in base al quale nei settemila comuni non considerati non dovessero rivelarsi scostamenti rispetto alla mortalità media degli anni precedenti, il numero di decessi riconducibili a Coronavirus in Italia risulta comunque il doppio di quello a cui si arriva sulla base dei numeri relativi ai pazienti deceduti positivi al test per Covid-19, comunicati dalla Protezione Civile. È plausibile, quindi, che i decessi aggiuntivi non attribuiti a Covid-19 riguardino persone decedute in casa propria o in una casa di riposo o in un hospice, e sulle quali non è stato eseguito il test di positività.

Di seguito i link alle fonti utilizzate:
John Hopkins (numero di contagiati, di morti e di guariti paese per paese, aggiornato con continuità): https://bit.ly/2UYJpAA

RSA (rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità, aggiornato settimanalmente):

Istituto Cattaneo:


Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia
Due volte alla settimana l'Istituto Superiore di Sanità pubblica un'analisi delle caratteristiche delle persone decedute positive al virus (non comprende quindi le persone decedute probabilmente di COVID-19 ma non sottoposte al tampone).
L'analisi conferma quanto già si sapeva:
La malattia ha esiti fatali più per gli uomini che per le donne (68% e 32%).
La probabilità di contrarre la malattia e soprattutto di un esito fatale cresce con l'età (mediana dei contagiati: 62 anni; mediana dei deceduti: 80 anni).
La probabilità di decesso cresce col numero di patologie croniche preesistenti.

Vediamo un po' più da vicino questi dati:
Le donne non solo sono più resistenti alla malattia degli uomini, ma muoiono anche in età più avanzata (età mediana degli uomini: 78 anni; delle donne: 82; il significato di mediana, come è noto, è che metà dei deceduti uomini ha meno di 78 anni e metà ha più di 78 anni).
Più precisamente le età di 14.908 deceduti si distribuiscono come segue

Classe di età
Uomini
%
Donne
%
Totale
%
0-39
28
0,3
13
0,3
41
0,3
40-49
102
1
34
0,7
136
0,9
50-59
448
4,5
119
2,5
567
3,8
60-69
1351
13,4
373
7,8
1724
11,6
70-79
3664
36,4
1245
25,9
4909
32,9
80-89
3797
37,7
2159
45
5956
39,9
90 e più
671
6,7
854
17,8
1575
10,6

Il rapporto evidenzia che i decessi di persone sotto i 50 anni di età, molto enfatizzati dai media, sono in realtà statisticamente poco significativi (poco più dell'1% del totale), e riguardano in grande maggioranza, soggetti già affetti da altre patologie.

L'individuazione delle patologie pre-esistenti è stata possibile solo per 1290 deceduti, per i quali erano disponibili le cartelle cliniche. Di questi, 42 pazienti (3,3% del campione) non presentavano patologie, 186 (14,4%) presentavano una patologia, 264 (20,5%) presentavano due patologie, e 798 (61,9%) presentavano 3 o più patologie.
Le patologie più diffuse sono l'ipertensione, il diabete mellito, le cardiopatie e l'insufficienza renale.

Il rapporto viene aggiornato bisettimanalmente e si trova a questo indirizzo:


Alcuni confronti
Un'osservazione che balza subito agli occhi, osservando i dati della John Hopkins (già incontrata a proposito del numero di contagiati e deceduti) è che l'Italia, con meno del 10% dei casi accertati, ha però oltre il 20% dei decessi. In altre parole la letalità (mortalità tra i contagiati), in Italia, è tra le più alte al mondo: 12,6% (17.127 su 135.586 l'8 aprile scorso), secondi solo all'Algeria e a San Marino, con numeri peraltro molto più piccoli dei nostri.
Anche gli altri grandi paesi europei, ad eccezione della Germania, non stanno molto meglio: dal 9,4% della Francia all'11% della Gran Bretagna. Per un confronto, nei paesi che hanno vinto la battaglia contro l'epidemia, il rapporto tra morti e contagiati è del 3,9% in Cina e scende addirittura all'1,9% in Corea del Sud!
Da qualche parte si è tentato di spiegare questa differenza con la più alta età media della popolazione italiana; questo sicuramente è un elemento che contribuisce a spiegare l'alta mortalità, ma il motivo più importante è probabilmente un altro, e cioè la scelta di eseguire il tampone solo sulle persone  in arrivo negli ospedali, quindi mediamente in condizioni più gravi della maggioranza dei contagiati.
Una conferma di questa tesi ci viene da un confronto tra le regioni italiane, che, grazie all'autonomia regionale in campo sanitario, hanno adottato politiche di verifica diverse: Lombardia e Veneto hanno all'incirca la stessa percentuale di popolazione anziana, e però il rapporto decessi/contagiati è del 10% in Veneto, e quasi il doppio (il 18%) in Lombardia (dati del 9 aprile).
Una piccolissima indagine personale, certamente non generalizzabile, condotta tra quattro amici (due medici, un'operatrice socio-sanitaria e un giornalista inviato a Codogno) confermano questa tendenza (per la cronaca: tutti e quattro gli amici sono stati curati in casa e nessuno dei conviventi ha presentato segni di contagio).

Sarebbe molto interessante proseguire la ricerca dei dati per quanto riguarda il numero di verifiche fatte e i criteri di selezione delle persone da sottoporre a tampone. Sappiamo che la Corea del Sud ha eseguito centinaia di migliaia di tamponi (40 volte di più degli Stati Uniti in rapporto al numero di abitanti, scriveva qualche giorno fa il New York Times, oggi probabilmente questo rapporto è cambiato); sappiamo che ha rintracciato tutti i contatti avuti da persone contagiate, e che ha rapidamente organizzato centinaia di centri di verifica lontano dagli ospedali per mantenerli al riparo dal contagio. Tutte esperienze che potrebbero insegnare qualcosa anche a noi.
Purtroppo io non ho più molto tempo, e temo che voi non abbiate più molta pazienza.

Qui il rapporto giornaliero della Protezione Civile, regione per regione: https://bit.ly/2Vn2Fq6

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