25 aprile 2020

Sanders, il politico che voleva ridare dignità all’America

Elena Basso

Difficile prevedere che esito avranno le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti; molto dipenderà da come verrà gestita la crisi: se a novembre l’economia si sarà risollevata Trump avrà buone possibilità di successo, viceversa, il perdurare della crisi favorirà i democratici.
Quel che sappiamo oggi è che non sarà Bernie Sanders a sfidare il presidente uscente. 



Sanders, il candidato che non ha timore di dichiararsi socialista, ha saputo infondere speranza e passione a una nuova generazione, battendosi instancabilmente per quella gran parte di americani che non arrivano a fine mese.
Perché allora non ha vinto? Principalmente perché, come nel 2016, l’élite democratica – e con essa tutta la macchina organizzativa del partito - non l’ha voluto. Nessuno dei candidati alle primarie sconfitti lo ha appoggiato, nemmeno la progressista Elizabeth Warren. I grandi media, con qualche rara eccezione, se non l’hanno direttamente attaccato, hanno messo in dubbio che un candidato di sinistra potesse battere Trump. I sostenitori di Sanders, e in generale gli elettori democratici, in questo momento sono più preoccupati di una nuova vittoria di Trump che del programma del partito.
Ma davvero Biden ha più possibilità di Sanders di battere Trump? Possiamo lecitamente avanzare dei dubbi. Sanders avrebbe potuto raccogliere lo scontento del proletariato bianco della Rust Belt che nel 2016 si era rivolto a Trump, così come avrebbe potuto intercettare il voto di tanti che a votare non vanno affatto. Il suo programma per una sanità universale mai come oggi sarebbe stato vincente. Anche la terribile accusa di essere un socialista non ha più la stessa presa che avrebbe avuto anni addietro (https://jacobinitalia.it/e-sanders-il-candidato-che-puo-battere-trump/).
Viceversa Biden si presenta come una figura modesta, portato alla candidatura dall'establishment democratico per il timore di un'affermazione di Sanders, secondo uno schema che potrebbe rivelarsi perdente come già avvenne con la Clinton quattro anni fa. Sostenuto da lobby finanziarie e farmaceutiche, contrario alle armi ma favorevole alla guerra in Iraq del 2002, Biden è facilmente attaccabile da Trump, dallo scandalo Ucraina alle ripetute accuse dii molestie sessuali.
Il programma di Sanders, molto più chiaro e coraggioso, proponeva aumento dei salari, sanità universale, controllo della finanza, aumento delle aliquote fiscali per i redditi più alti, fine degli interventi militari, rientro nell’accordo sul nucleare iraniano. Scrive Elizabeth Bruenig sul New York Times dell’8 aprile – uno dei pochi commenti positivi apparsi su quel giornale sul candidato sconfitto -  (https://www.nytimes.com/2020/04/08/opinion/bernie-sanders-campaign.html?) che la rinuncia di Sanders “è una tragedia, perché aveva ragione praticamente su tutto.”

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