Lelio Basso
Il 5 marzo di centocinquant’anni fa nasceva a Zamosc, nella Polonia russa, Rosa Luxemburg, una delle figure più rilevanti del movimento socialista. Convinta antimilitarista, si allontanò dal partito socialdemocratico e fondò, insieme a Karl Liebknecht, la Lega spartachista, che nel 1919 a Berlino, in seguito a un tentativo rivoluzionario, fu duramente repressa e Rosa e Karl furono assassinati.
Fra i teorici del marxismo, la Luxemburg è considerata la pensatrice più significativa per l’autonomia delle posizioni e la radicalità delle analisi.
Fu Lelio Basso, suo grande estimatore, a far conoscere il pensiero di Rosa al pubblico italiano.
Proponiamo alcuni estratti di un articolo a lei dedicato ("La lezione della Luxemburg", Sette giorni, 7 giugno 1970, n. 156)
Fra le molte difficoltà in cui si dibatte il movimento operaio occidentale, quella di aver perso una bussola ideologica non è certamente la meno importante. Senza bussola ideologica si ricade nell’empirismo, e l’empirismo in questo caso vuol dire lasciare libero gioco ai meccanismi del “sistema”.
Le forze di rottura, se rimangono al livello dello spontaneismo, possono giungere ad una notevole potenza eversiva, assumere le forme violente della rivolta, della negazione del sistema esistente, ma non sboccheranno mai nell’edificazione di una società socialista che richiede un alto grado d’intervento cosciente della collettività nelle scelte e nella costruzione del proprio futuro.
Ma credo fermamente che per raggiungere quest’obiettivo occorre innanzi tutto liberarsi dalle eredità dogmatiche del passato, recidere i nodi ideologici che hanno per tanti anni imprigionato il libero sviluppo delle forze rivoluzionarie. ...
Non è mai superfluo ricordare che il marxismo-leninismo è stato inventato da Stalin. Fu lui infatti che, subito all’indomani della morte di Lenin, pretese imbalsamarne lo spirito come se ne era imbalsamato il corpo, e diede la famosa definizione: “il leninismo è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria”. Si volle cioè fare di una determinata esperienza rivoluzionaria, quella bolscevica, che era stata resa possibile da condizioni storiche assolutamente eccezionali, un modello valido per tutte le rivoluzioni, venendo così a contraddire in pieno proprio uno dei principali insegnamenti di Lenin che era quello dell’analisi concreta delle situazioni concrete”...
È proprio questa concretezza che ha permesso a Lenin di diventare un grande stratega e soprattutto un genio della tattica della lotta politica, che gli ha permesso di tradurre il marxismo, cioè una dottrina rivoluzionaria maturata nel paese più sviluppato del suo tempo, l’Inghilterra, in forma adatta a un paese ancora profondamente arretrato come era la Russia zarista….
Ma per noi occidentali, per noi che viviamo in paesi di capitalismo avanzato, non è certo meno fecondo dell’insegnamento di Lenin, quello di Rosa Luxemburg, definita da Mehring come “il cervello più geniale fra gli eredi scientifici di Marx e di Engels, da Lukàcs come “la sola discepola di Marx che abbia prolungato realmente l’opera della sua vita”, da Radek come ”il più profondo cervello teorico del comunismo”, “che era ed è rimasta un’aquila”, secondo l’espressione dello stesso Lenin. Assistiamo oggi ad una rinascita dell’interesse soprattutto delle nuove generazioni per il pensiero e l’opera della rivoluzionaria polacca, ma in misura a mio giudizio ancora insufficiente a trarne i ricchissimi frutti che se ne potrebbero ricavare. Spetta infatti essenzialmente alla Luxemburg il merito di aver restaurato e difeso il marxismo come metodo, come concezione dialettica della totalitàanche contro il dogmatismo bolscevico: non fu un caso che Stalin ne bandisse gli scritti e gli staliniani arrivassero a parlare di “lue luxemburghiana”. Spetta a lei anche il merito di avere elaborato una nuova strategia rivoluzionaria fondata sull’analisi dell’imperialismo e dell’inevitabilità della guerra interimperialistica, strategia poi consacrata nello emendamento Luxemburg-Lenin al congresso di Stoccarda del 1907 e realizzata vittoriosamente da Lenin nel corso della prima guerra mondiale. Anche lei, come Lenin, analizzò l’imperialismo e denunciò, come nessuno prima di lei, le inevitabili connessioni fra lo sviluppo intensivo del capitalismo al centro del sistema e lo sviluppo estensivo alla periferia sotto forma di aggressione permanente ai popoli coloniali o semi-coloniali e, in connessione con tutto lo sviluppo imperialistico, la funzione economica delle spese militari come mercato sussidiario capace di offrire una domanda solvibile per lo smercio della produzione capitalistica e, quindi, per la stabilizzazione e lo sviluppo del sistema.
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