3 febbraio 2021

La rotta balcanica

Da anni la Bosnia vede crescere l’afflusso di persone in fuga da guerre e persecuzioni che tentano di entrare nell’Unione europea, da cui vengono respinte brutalmente in spregio a tutte le leggi che garantiscono il diritto di chiedere asilo. Lungo questa rotta, nel silenzio quasi generale, si consumano violenze e vessazioni di ogni tipo. 


Solo recentemente la terribile situazione di tremila migranti bloccati a Una Sana nel ghiaccio e nel gelo, senza assistenza e protezione, ha catturato l’attenzione dei media, e ha spronato la missione di un gruppo di europarlamentari del PD, tra cui l'ex-assessore di Milano Pierfrancesco Majorino, a cui la polizia croata ha impedito con la forza di avvicinarsi alla frontiera.
Ma non mancano le testimonianze, come quelle denunciate nell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Riccardo Magi (https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=2/00861&ramo=CAMERA&leg=18).
L'uso sistematico della violenza da parte delle autorità di polizia croate è stato denunciato da numerose organizzazioni non governative. Nel 2019 i volontari del Border Monitoring Violence Network hanno raccolto 770 testimonianze di persone respinte da agenti della polizia croata con l'uso di armi a scopo intimidatorio ma anche offensivo; altrettanto frequente è l'impiego di cani per aggredire i migranti. A fine giugno 2020, un coordinamento di enti tra i quali Amnesty International, Osservatorio Balcani, Acli-Ipsia hanno presentato un documentato dossier sulla grave situazione legata al mancato rispetto dei diritti fondamentali dei migranti nei diversi Paesi dell'area balcanica, compresi i Paesi aderenti all'Unione europea; un capitolo specifico è dedicato a quanto sta avvenendo sul confine orientale italiano; i respingimenti attuati secondo questa modalità costituiscono un trattamento inumano e degradante più volte oggetto di condanna da parte di organismi e corti internazionali.
Secondo altre testimonianze, denunciate recentemente a un convegno organizzato da “Volere la luna” (https://www.youtube.com/watch?v=Xym10oAdz2s), l’Italia concorda con Slovenia e Croazia l'istituto della “riammissione informale”, cioè del respingimento senza nessuna formalità che possa essere impugnata, come una non-persona, priva di qualunque diritto. Da maggio a dicembre 2020, 1300 persone sono state rinviate in questo modo, senza nessuna possibilità di chiedere l’asilo in Italia.
Slovenia e Croazia li portano il più velocemente possibile al confine bosniaco, dove non c’è una consegna dei migranti alla polizia bosniaca sia pure con modalità informali. La Croazia ha il problema di dover consegnare a un paese terzo (Bosnia) delle persone che non ha intercettato lei ma le ha semplicemente prese “come oggetti” attraverso le riammissioni a catena. Quindi al confine bosniaco le persone vengono fatte scendere dai furgoni in aree boschive, preferibilmente di notte, picchiate con l’obiettivo di lasciare lesioni, spogliate, private delle scarpe, depredate e gli viene ordinato di fare a ritroso il sentiero verso la Bosnia in condizioni disperate. Perché questa efferatezza? Per rallentare il ritorno: se sono ferite e non hanno più nulla, non possono riprovarci subito, magari dopo qualche mese ma non subito. L’Italia ha fatto parte di questa catena delle riammissioni! 
Ora il Tribunale di Roma le ha disconosciute e la prima motivazione è: assenza di base giuridica. L’Italia dal 13 gennaio le ha sospese ma non vi è alcuna dichiarazione ufficiale che non le riprenderà.
Per come si sono svolti i fatti, siamo di fronte a qualcosa di voluto e preparato: voluta elusione di ogni norma. Il governo italiano è complice, dentro casa non c’è più spazio di normalità e rispetto delle regole.

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