Il 22 gennaio è finalmente entrato in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari che proibisce agli Stati di sviluppare, testare, produrre, fabbricare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare armi nucleari, o anche permettere che armi nucleari siano posizionate sul proprio territorio.
Ai negoziati, iniziati alle Nazioni Unite nel 2017 con la partecipazione di 129 paesi, non c’erano l’Italia né gli altri paesi con armi nucleari o aderenti ad alleanze militari come la Nato (a eccezione dei Paesi Bassi). Erano invece presenti organizzazioni internazionali quali l'Unione europea e la Croce Rossa Internazionale e numerose organizzazioni non governative, tra cui la International Campaign to Abolish Nuclear Weapons, vincitrice nello stesso anno del premio Nobel per la pace.
La deliberazione dell’Assemblea generale non ha potere vincolante se non per i 51 stati che hanno ratificato il trattato, tuttavia è un passo fondamentale verso l’eliminazione delle armi più distruttive che il mondo abbia mai conosciuto: ci sono 14000 ordigni negli arsenali nucleari, ognuno almeno dieci volte più potente delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Un piccolo passo distensivo, che non mette però in discussione l’attuale dispiegamento di armi atomiche, arriva da Joe Biden e Vladimir Putin, che hanno esteso di cinque anni il trattato Start che limita le dimensioni degli arsenali nucleari strategici dei due paesi, evitando così una costosissima, oltre che pericolosa, corsa a un nuovo riarmo.
In Italia le basi militari di Ghedi e Aviano ospitano circa 40 testate nucleari – una verità ammessa faticosamente dalla Nato - che dovrebbero essere a breve sostituite con ordigni di nuova generazione, controllati da una speciale unità statunitense.
L'estrema pericolosità di questa presenza è evidente: non solo sarebbero oggetto di devastanti rappresaglie, o anche di attacchi preventivi, nel caso di un conflitto nucleare, ma anche un semplice attentato terroristico, che arrivi a far esplodere uno di questi ordigni provocherebbe milioni di morti (da due a dieci secondo uno studio di qualche anno fa del ministero della difesa: https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/7949b3cb-20201130_report-nuclear-sharing_final.docx.pdf)
Contro la presenza delle armi atomiche nel nostro paese e per la loro definitiva messa al bando si sono attivati sindacati, associazioni, movimenti ed esponenti religiosi che negli ultimi giorni hanno intensificato i loro appelli perché l’Italia si assuma le proprie responsabilità e si unisca ai paesi che hanno già ratificato il trattato.
Un recente sondaggio Ipsos-Greenpeace Italia ha rilevato che l’80 per cento degli intervistati è contrario a ospitare le bombe atomiche americane e ad avere cacciabombardieri in grado di utilizzarle, e viceversa vuole che il nostro paese aderisca al Trattato per la proibizione delle armi nucleari.
La risposta del Ministero degli esteri è deludente. Si dice convinto che “l’approccio migliore per conseguire un effettivo disarmo nucleare implichi un pieno coinvolgimento dei paesi militarmente nucleari […] e che il percorso tenga conto oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale”.
Ci vorrà ancora molto prima che i governi ascoltino la voce dei cittadini.
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