5 settembre 2020

“Così in cielo come in terra”

Chi nei decenni scorsi si è interessato, anche lontanamente, di America latina non può non essersi imbattuto nei nomi di alcuni vescovi che hanno fatto dell'unione col loro popolo, con i poveri, gli emarginati, gli oppressi, la bussola della loro condotta e la loro bandiera. Tra questi Monsignor Oscar Romero e Dom Helder Cámara, e, forse un po' meno noto ma non meno coraggioso, Dom Pedro Casaldáliga, vescovo di São Félix do Araguaia, nel poverissimo Nord-Est del Brasile, deceduto pochi giorni fa.


Di lui ha scritto l'amico José Luiz Del Roio:
All’inizio degli anni ’70 nell’oscurità delle tenebre dittatoriali uscì un documento che ha lasciato il segno. Era Eu ouvi os clamores do meu povo / Ho sentito il grido del mio popolo, redatto da un gruppo di vescovi cattolici. Uno degli estensori era stato il missionario spagnolo Dom Pedro Casaldáliga. La sua diocesi di São Félix do Araguaia era immersa al centro del sertão, zona di conflitto, di lotte per la terra, guerriglia e miseria. Casaldáliga si legò con questo popolo, lo difese, lottò al suo fianco, lo organizzò, non lo catechizzò. La sua religiosità e la sua azione nascevano dalle aggregazioni popolari. E così ha continuato per decenni. Dal suo popolo fu considerato un profeta che, partendo dalle sue grida, seppe collegare la dura realtà della terra alle speranze del cielo.

Casaldáliga è stato anche scrittore e poeta. Di lui circolano in rete molti versi. Eccone due:

Mi diranno sovversivo;
risponderò: è vero.
Per il mio popolo che lotta, vivo;
con il mio popolo che marcia, cammino.
(...)
Incito alla sovversione
contro il potere e il denaro.
Voglio sovvertire la legge
che perverte il popolo in gregge
e il governo in macellaio.
(Credo nella giustizia e nella speranza, Asal, Roma 1976, p. 63).

I costruttori della Città
- la Città di Dio, la città dell'uomo -
abitano sempre in periferia.
(Fuoco e cenere al vento, Cittadella, Assisi 1985, p. 41).

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