Nell’indifferenza della comunità internazionale, la Turchia continua la sua campagna di repressione contro i curdi, anche bombardando le zone curde in Iraq.
23 sindaci agli arresti con l’accusa di appartenere a gruppi terroristi, più di cento comuni commissariati, una decina di parlamentari sotto processo. È la Turchia di Erdogan che impedisce con ogni mezzo al popolo curdo e ai suoi sostenitori di partecipare democraticamente alla vita politica del paese. Gli attacchi non si limitano al Kurdistan settentrionale e a tutte le minoranze che lo abitano, ma si estendono oltre confine, in Siria e in Iraq.
Nella notte fra il 14 e il 15 giugno, in un’operazione denominata Artiglio d’Aquila, l’aviazione turca ha bombardato 81 obiettivi diversi, fra cui l’ospedale di Sinjar, nel Nord dell'Iraq, la regione a maggioranza yazida già brutalmente aggredita dall’Isis nel 2014, e il campo profughi di Makhmour (istituito dall’ONU), a pochi chilometri dalla capitale del Kurdistan iracheno, dove vivono 15.000 civili.
È opinione diffusa che la Coalizione internazionale contro l’ISIS (di cui fanno parte l’Europa, gli Usa e altre decine di paesi) e la Russia siano state informate prima dell’attacco, e il loro silenzio e immobilismo le rendono in parte complici di questo ennesimo crimine.
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