22 giugno 2020

Contestare Israele non è antisemitismo

All’unanimità la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sentenziato che la Francia, condannando undici attivisti del movimento BDS che chiedevano il boicottaggio non violento di Israele, ha violato l’articolo sulla libertà di espressione della Convenzione europea dei diritti umani e ha imposto alla Francia il risarcimento ai ricorrenti per danni morali e materiali.


Gli antefatti. A Mulhouse, nel 2009 e nel 2010, undici militanti avevano partecipato a proteste pacifiche nei supermercati lanciando un appello al boicottaggio dei prodotti israeliani in solidarietà con la lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza. I tribunali francesi, fino alla Corte suprema, li hanno condannati per “incitamento alla discriminazione”. Da qui, nel 2016, la scelta di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo che nelle motivazioni della sentenza ha scritto che “per natura il discorso politico è spesso virulento e fonte di controversie. Tuttavia rimane nell’interesse pubblico a meno che non degeneri in un incitamento alla violenza, all’odio e all’intolleranza” il che però non rientra nel caso giudicato che costituisce invece un chiaro esempio di manifestazione della libertà di espressione. 
Questa decisione ha implicazioni importanti per il movimento BDS e i tentativi di criminalizzalo, come negli Stati Uniti dove una risoluzione di condanna della Camera dei rappresentanti lo ha descritto come “un impedimento agli sforzi per una soluzione pacifica”, mentre in Germania il Parlamento ha approvato una mozione che definisce “antisemiti” i metodi della campagna di boicottaggio di Israele.

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