8 gennaio 2020

Ricordo di amici che non sono più con noi


Nel corso dell'estate sono venuti a mancare molti amici: Salvatore Senese, Giorgio Nebbia, Renato Sandri, Gaspare Jean, Antonio Iosa. Con alcuni avevo una lunga consuetudine, con altri avevo avuto solo sporadici contatti; con tutti condividevo idee e ideali e tutti hanno dato, a me e a molti altri, idee nuove, approfondimenti culturali, esempi di coerenza e di impegno.
Nelle righe che seguono ricordo molto sinteticamente chi erano questi amici, questi compagni, ma soprattutto cerco di testimoniare quello che hanno rappresentato per me.


Salvatore Senese
Il 16 giugno è mancato a Roma, la città dove risiedeva da un decina d'anni, Salvatore Senese, magistrato, fondatore e animatore di Magistratura democratica, parlamentare per tre legislature, una vita spesa in difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei popoli.
In ottobre la sua figura di magistrato e di politico è stata ricordata con affetto e gratitudine in una sala del Senato.

Uomo di vasta cultura e di grande umanità ho avuto il privilegio di averlo come amico e come maestro. Da lui ho imparato (anche se poi non sempre ho messo in pratica) l'importanza dello studio, della documentazione, dell'accurata preparazione di ogni intervento.
Ricordo con un pizzico di nostalgia le (troppo rare!) visite che abbiamo fatto a lui e alla moglie Henriette nella loro casa nel pisano, con la bellissima, grandiosa biblioteca ricavata dall'antica stalla, o alla casa di Castelnau de Montmiral, con lo splendido panorama delle colline circostanti. Ricordo le nostre passeggiate lungo la laguna di Orbetello o nella piazza dell'Anfiteatro di Lucca, o la visita che facemmo, con altri partecipanti a un convegno di solidarietà con l'Iran, all'ayatollah Khomeini, all'indomani della rivoluzione iraniana. (E tanto per ricordare in che paese, e in che tempi, ci trovavamo, un paio d'anni dopo quel convegno il ministro degli esteri che aveva fatto da interprete a Khomeini, Sadegh Ghotbzadeh, veniva fucilato).

Giorgio Nebbia
Pochi giorni dopo, il 4 luglio, moriva Giorgio Nebbia, tra i fondatori dell’ambientalismo italiano, attento studioso dei processi produttivi, instancabile critico delle logiche economiche capitalistiche orientate al profitto a breve termine che determinano sprechi e insostenibilità ecologica.
È stato per cinquant'anni docente di merceologia all'Università di Bari, parlamentare della Sinistra Indipendente per due legislature, autore di numerosi libri e di molte centinaia di articoli su quotidiani e riviste.
Di lui ho letto queste parole che faccio mie: “un riferimento umano e politico quale docente universitario, pioniere di ricerche, divulgatore di un numero incredibile di libri e articoli, poderoso archivista, militante infaticabile, sempre disponibile per ogni impegno sociale e politico volto all’ambiente e alla pace, affabile e ironico e di una gentilezza innata. Un maestro capace di coniugare l’ecologismo scientifico con la necessità della giustizia sociale, il rigore tecnico con la spinta utopica, il marxismo e la religione con l’ecologia. Una eredità straordinaria. Un modello esemplare per i giovani”.

Ho incontrato per la prima volta Nebbia alla festa dell'Unità a Milano nel 1991 quando ho avuto la possibilità di presentare il suo libro “Lo sviluppo sostenibile”, edito dalle Edizioni della pace, la collana fondata da padre Balducci. In altra pagina riproduco il mio intervento di allora.


Renato Sandri
Renato Sandri, scomparso a Mantova il 13 luglio scorso, è stato, appena diciassettenne, partigiano, meritando una medaglia di bronzo al valore militare, poi presidente dell'ANPI di Mantova, funzionario del PCI e segretario della federazione di Mantova, parlamentare per quattro legislature e poi eurodeputato.
Militante disciplinato ma critico, nel 1956 si schierò, con tutta la federazione di Mantova, contro l'intervento sovietico in Ungheria.
Negli anni sessanta e settanta si reca più volte in America Latina intrattenendo relazioni politiche con personaggi del calibro di Fidel Castro, Pablo Neruda e Salvador Allende.

I miei contatti con Renato Sandri sono stati molto sporadici, perlopiù limitati a qualche scambio epistolare. Mi piace però ricordare l'importanza che ebbe per me, in un'epoca in cui era ancora forte il sentimento di solidarietà verso i movimenti di liberazione nazionale, visti essenzialmente nella loro dimensione politica, la lettura di un suo libriccino divulgativo del 1978, “La sfida del Terzo Mondo”, sui rapporti tra l'Europa comunitaria e i paesi ex-coloniali tra protezionismo, liberalizzazione selvaggia e cooperazione.


Gaspare Jean

 Gaspare Jean, medico, è stato primario in diversi ospedali milanesi e dirigente ospedaliero (tra l’altro commissario straordinario dell’ospedale di Niguarda). Per oltre quarant’anni si è molto impegnato per il recupero degli alcool-dipendenti ed era fiduciario medico nazionale dell’associazione Alcoolisti Anonimi. Questa sua attenzione per gli aspetti sociali della medicina è tra le motivazioni del conferimento, nel 2008, dell’Ambrogino d’oro del Comune di Milano. Storico attivista della sinistra milanese e dirigente dell'ANPI (era iscritto alla sezione XXV aprile) era sempre presente dove c'era bisogno del suo impegno. E' stato trovato morto nella sua casa di Milano la domenica 11 agosto. Una morte improvvisa: solo il giorno prima partecipava alla manifestazione in ricordo dei martiri di piazzale Loreto.

Ho incontrato Gaspare Jean molti anni fa, quando la cooperativa di cui ero allora il presidente aveva gli uffici in via Canaletto, di fronte alla sede del circolo XXV aprile, ma ho imparato a conoscerlo veramente solo molto più tardi, dopo che con grande disponibilità ha consentito a rielaborare per noi un testo sulla riforma sanitaria destinato all’istituto Gramsci, testo che ha suscitato grande interesse tra gli amici a cui l’ho diffuso, e che è stato ripreso dal sito www.volerelaluna.it.
Nell’ultimo anno frequentava, con grande disponibilità e generosità, il nostro piccolo gruppo di divulgazione politica ideeinformazione e solo pochissimi giorni prima di morire mi faceva avere un testo sul welfare che gli avevamo chiesto per la nostra collana di testi di informazione e formazione. Primo a rispondere a un’analoga richiesta rivolta a cinque o sei di noi. Credo che anche da questa sollecitudine si possa misurare la serietà e l’impegno di una persona.
Sono queste sue caratteristiche di serietà e di impegno, di approfondita conoscenza dei problemi e di grande capacità espositiva, di sicura fedeltà agli ideali e di acuto senso politico che formano il ricordo di Gaspare Jean che porto con me e che credo sia condiviso dal gruppo di amici e compagni che in questi ultimi tempi l’abbiamo frequentato.


Antonio Iosa
Antonio Iosa è una presenza costante nel panorama politico e culturale milanese. Immigrato a Milano dalla Puglia, ha sposato la sua nuova patria mantenendo forti legami con la terra d'origine, pubblicando vari volumi dove storie e immagini dei due mondi si intrecciano.
Fondatore e animatore del circolo Perini, poi diventato Fondazione, ha portato nel quartiere periferico di Quarto Oggiaro importanti eventi culturali, perché “la cultura non è privilegio di un ristretto gruppo di intellettuali ma patrimonio comune a tutti gli uomini”. Ha ricevuto la medaglia d'oro del Comune di Milano.
Aggredito e “gambizzato” nel 1980 dai brigatisti rossi, portava nel corpo e nell'anima le ferite di quell’avvenimento. Fu fondatore e animatore dell'associazione Vittime del terrorismo.

Conoscevo Antonio Iosa da molto tempo, e non ho mai cessato di testimoniargli, anche pubblicamente, la mia ammirazione, per il suo impegno, lungo sessant’anni, nel circolo Perini, un’impresa assolutamente unica nel panorama milanese.
Iosa univa alla grandissima capacità come animatore culturale un’incrollabile fede, anche nei momenti più bui, nella democrazia e nella Costituzione, e una rara qualità di scrittore: la mia biblioteca è arricchita da alcuni volumi, frutti di approfondite ricerche, su Milano e sul Mezzogiorno d’Italia.
Qualche anno fa ho avuto la possibilità di incontrarlo in un contesto “privato”, quando abbiamo trascorso alcune settimane a Cesenatico con una nipotina e abbiamo così conosciuto la signora Raffaella e la piccola Beatrice, subito divenuta sua compagna di giochi. In quegli incontri, magari sulla spiaggia, ho potuto meglio apprezzare la grande umanità dell’uomo.