23 ottobre 2020

Fratelli tutti

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Questo papa ci ha abituato ai gesti forti. Lo fa anche con questa enciclica, che firma ad Assisi e diffonde nel giorno dedicato a san Francesco. Non meno forte e chiaro è il messaggio che implicitamente dà fin dalle prime righe, dicendosi particolarmente stimolato alla redazione dell’enciclica dall’incontro ad Abu Dhabi con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb.

Articolata in otto capitoli, “Fratelli tutti” riprende, ampliandoli, temi già affrontati: la cultura dello scarto, che "scarta" tutto ciò che è inutile al profitto, la cura dei beni comuni, il potere economico che domina la politica, la xenofobia.

Al centro della riflessione la parabola del samaritano che soccorre il giudeo assalito e ferito dai briganti. Per il papa l’indifferenza al dolore non è una scelta possibile. “Non c'è più distinzione tra abitante della Giudea e abitante della Samaria, non c'è sacerdote né commerciante; semplicemente ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza. Siamo analfabeti nell'accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Questi sono sintomi di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore”.

La cura della casa comune è la sfida, “ma tale cura non interessa ai poteri economici”. La fraternità deve trovare concretezza in una politica migliore.

“Che cosa significano oggi – si interroga il papa - alcune espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio, come titoli vuoti di contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi azione”. “La vera saggezza presuppone l'incontro con la realtà. Ma oggi tutto si può produrre, dissimulare, modificare. Questo fa sì che l'incontro diretto con i limiti della realtà diventi insopportabile”. 

La manipolazione delle coscienze è un tema su cui l’enciclica torna in diversi passaggi, riferendosi ad esempio al mondo della comunicazione digitale dominato “da giganteschi interessi economici, capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico”. Manipolatori sono anche i populismi, che deformano la parola “popolo” allo scopo di garantirsi voto o appoggio. “Ciò di cui parlano non è un vero popolo … Un popolo vivo, dinamico e con un futuro è quello che rimane costantemente aperto a nuove sintesi assumendo in sé ciò che è diverso. Non lo fa negando sé stesso, ma piuttosto con la disposizione ad essere messo in movimento e in discussione, ad essere allargato, arricchito da altri, e in tal modo può evolversi.

Perché la democrazia non sia una pura formalità, è necessario riconoscere il ruolo del popolo “nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino”. Riemerge l’attenzione ai movimenti popolari, “poeti sociali”, capaci di dare vita “a varie forme di economia popolare e di produzione comunitaria”, anche se è necessario che queste esperienze di solidarietà maturino e si coordinino.

L’enciclica definisce “obsoleti” i criteri che governano il mondo. “La crisi finanziaria del 2007-2008 era l'occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell'attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale”. La pandemia ha ulteriormente dimostrato la fragilità dell’attuale sistema, “che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo”, mentre “la speculazione finanziaria continua a fare strage”.

L’enciclica ribadisce la funzione sociale della proprietà privata perché “se qualcuno non ha il necessario per vivere con dignità, è perché un altro se ne sta appropriando”, un concetto che “deve riflettersi sul funzionamento della società”.

Il papa non teme di usare il motto della Rivoluzione francese e dedica un paragrafo a “Libertà, uguaglianza, fraternità”, mettendo ovviamente l’accento sulla fraternità, che “ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all'uguaglianza”, che sono “il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità”.

Solidarietà “è pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull'appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell'Impero del denaro”.

“Parliamo di una nuova rete nelle relazioni internazionali, perché non c'è modo di risolvere i gravi problemi del mondo ragionando solo in termini di aiuto reciproco tra individui o piccoli gruppi. Ricordiamo che “l'inequità non colpisce solo gli individui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare ad un'etica delle relazioni internazionali”. E la giustizia esige di riconoscere e rispettare non solo i diritti individuali, ma anche i diritti sociali e i diritti dei popoli.

“È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace”, una via sempre più minacciata dalle guerra, che è “negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all'ambiente”. Anche se la Chiesa ammette l’uso della forza militare difensiva, oggi non è più possibile parlare di “guerre giuste”. “E con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri”.

Non solo la guerra, anche la pena di morte incontra la decisa opposizione della Chiesa. “Non va fatta alcuna distinzione – scriveva Lattanzio, filosofo cristiano del III secolo -: sempre sarà un crimine uccidere un uomo”. Il papa va oltre e riporta in un dibattito ormai spento il tema della pena, spesso intesa in modo vendicativo invece che di reinserimento sociale. Il rispetto della dignità umana deve riguardare anche le persone private della libertà. “E questo – sottolinea il papa - io lo collego con l'ergastolo  ... L'ergastolo è una pena di morte nascosta”.

Il testo si conclude ricordando il beato Charles de Foucauld, che durante i molti anni vissuti nell'oasi di Tamanrasset accoglieva ugualmente tutti, cristiani e musulmani, ebrei e pagani, e che per questo fu chiamato "fratello di tutti”.


Il mondo del cattolicesimo democratico ha accolto con grande favore la nuova enciclica. Per Raniero La Valle è “una lettera sconcertante e potente, un’enciclica sull’amore, straordinariamente laica, perché l’amore non si lascia irretire in un solo stampo, in una sola proposta, in un unico codice”, mentre “Noi Siamo Chiesa”, pur lamentando che l'enciclica non abbia dato adeguato spazio alla condizione della donna, afferma che “Fratelli tutti” esprime il filone migliore e più evangelico del pontificato, con un appello universale al mondo intero perché il suo messaggio di fratellanza e di pace non sia ininfluente. Per il presidente delle Acli, Roberto Rossini, la fraternità come categoria della politica “ci può aiutare a diventare tutti più liberi e più eguali” e ad aprire nuove forme di accoglienza e di solidarietà.

Con questa enciclica il papa si rivolge a tutti noi, credenti e non, come parte di un'unica umanità, che solo riconoscendosi come tale potrà affrontare la sfida di sognare un mondo che riconosca a ognuno la piena dignità, assicurando a tutti "terra, casa e lavoro".



1 commento:

  1. Io mi definisco cattolico. E' difficile per me dirlo perché definirsi credente in un Dio, è fatto molto personale e, almeno per me, non sempre facile. Credo però che l'insegnamento di Cristo sia il meglio fra i modelli di comportamento degli umani. Credo che il papa ci abbia dato una enciclica ad un tempo laica e religiosa perché ci permette di non distinguere più, rispetto al fare, ciò che è laico da ciò che è religioso. E questa per un papa è una posizione rivoluzionaria. In effetti un Dio che diventa uomo in carne e ossa, il Cristo, ci permette di aderire ad un modello di comportamento umano che ci accomuna, credenti e non credenti. Il modo di realizzare nel concreto questi principi fa parte del dominio delle filosofie, delle ideologie e delle politiche; su questo possiamo dividerci. E su questo il papa prende posizioni nette. Non sull'essere credenti o non credenti. Le parole che lui usa, come democrazia, libertà, giustizia, unità, sono ad un tempo laiche e religiose. E' l'uso che se ne fa che porta a conclusioni diverse e opposte. Il papa si schiera apertamente dalla parte di chi non le usa come strumenti di dominio, che non le svuota di contenuto. E così l'utilizzo delle parole simbolo della Rivoluzione Francese.
    Documento molto denso e molto ricco. Quello che mi ha particolarmente colpito è la sua visione ad un tempo politica e profetica che si rivolge alle donne e agli uomini senza distinzione tra credenti e non credenti, tra cristiani e appartenenti ad altre religioni. Mi viene in mente la definizione di uno dei nostri maestri, padre Ernesto Balducci, di un cristianesimo della fede e di un cristianesimo delle opere, per dire che operare secondo i principi di una fede religiosa o secondo i principi di fratellanza può accumunare credenti e non credenti, pur nelle diversità, in un risultato comune.
    Al di là dell'enciclica, anche ultime parole del papa sugli omosessuali credo vadano nella stessa direzione e sono, per il capo di una chiesa con ancora molti elementi di conservatorismo di portata rivoluzionaria.

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