11 marzo 2020

Le bugie hanno le gambe lunghe

Elena Basso

Nel 1971 l’analista militare statunitense Daniel Ellsberg consegnò al New York Times e ad altri giornali copia dei documenti segreti del Pentagono, 7000 pagine che contenevano “prove di un quarto di secolo di aggressione, trattati infranti, inganni, elezioni rubate, menzogne e omicidi”.
Ancora oggi la nostra possibilità di venire a conoscere la verità dipende dal coraggio di poche persone capaci di anteporre il loro senso del dovere verso l'umanità agli obblighi verso le amministrazioni da cui dipendono.


Nel 1971 l’analista militare statunitense Daniel Ellsberg consegnò al New York Times e ad altri giornali copia dei Pentagon papers, 7000 pagine che contenevano “prove di un quarto di secolo di aggressione, trattati infranti, inganni, elezioni rubate, menzogne e omicidi”.
Nonostante i documenti si fermassero al 1968, Kissinger e Nixon fecero di tutto per evitarne la pubblicazione, temendo  potessero rivelare le operazioni segrete in Vietnam. Nel gennaio 1973 Ellsberg fu incriminato per una serie di reati in base all’Espionage Act, ma pochi mesi dopo fu prosciolto da tutte le accuse in base al primo emendamento sulla libertà di stampa, mentre lo scandalo dei Pentagon Papers segnò l’avvio del Watergate con le conseguenti dimissioni di Nixon.
Sono passati quasi cinquant’anni da allora, ma la storia si ripete, in un periodo in cui l’opinione pubblica appare più intorpidita e gli apparati di potere più pervasivi. In questi giorni si sta svolgendo a Londra il processo per l’estradizione verso gli Stati Uniti di Julian Assange, fra i fondatori di Wikileaks e il più famoso divulgatore di documenti segreti, accusato di 17 reati connessi all’Espionage Act. 
Già nel 1992 Assange era stato condannato in Australia per pirateria informatica, poi presto rilasciato per buona condotta. Nel corso degli anni con Wikileaks pubblica informazioni segrete su politici corrotti, assassinii politici, repressioni e guerre, documenti tutti rigorosamente verificati, compresa una copia delle procedure operative standard del campo di prigionia della baia di Guantánamo per l'esercito americano. Ma è il caso Chelsea Manning del 2010 che lo porta al centro dell’interesse internazionale. 
Manning, durante la guerra in Iraq, lavorava come analista per l’esercito statunitense. Inorridita da quanto vedeva, consegnò a Wikileaks i video sugli “omicidi collaterali”, assassinii a sangue freddo di civili compiuti dall’esercito americano e dai numerosi mercenari (contractors), oltre a una mole di altri documenti. Accusata di avere violato la legge sullo spionaggio, è stata condannata a 35 anni di carcere; ne ha scontati più di sette in condizioni disumane prima di essere graziata da Barack Obama, e poi nuovamente riarrestata nel marzo 2019 per essersi rifiutata di testimoniare contro Assange.
Intanto Assange è nel  mirino degli Stati Uniti e dei suoi sodali. Nel novembre 2010 la Svezia emette nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale per reati sessuali, un'accusa successivamente caduta. Tuttavia Assange, temendo di poter essere estradato dalla Svezia verso gli Stati Uniti, trova rifugio nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove rimane recluso per sette anni. Il nuovo presidente dell'Ecuador Lenin Moreno, autore di una svolta neo-liberista nel paese, gli revoca l'asilo e Assange si trova in carcere a Londra in attesa che i giudici si pronuncino sulla sua estradizione.
Oggi per la sua liberazione si stanno muovendo giornalisti e parlamentari di diversi paesi. In Italia il suo più autorevole sostenitore è il generale Fabio Mini, già capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, che all’ADN Kronos ha dichiarato: "La vicenda di Assange, le accuse più disparate, il trattamento iniquo e le violazioni dei diritti umani che ha dovuto subire dimostrano come le cosiddette 'grandi democrazie' occidentali -in particolare, Stati Uniti e Gran Bretagna- non hanno rispetto delle persone e nemmeno delle loro stesse leggi".
La vicenda di Assange è senz’altro la più clamorosa - ricordiamo l’episodio del 2013, quando fu impedito all’aereo del presidente Morales di sorvolare gran parte dello spazio aereo europeo per il sospetto che potesse avere a bordo anche Assange - ma non è certo l’unica. 
Edward Snowden, un ex agente della CIA, dal 2013 è rifugiato in Russia per avere svelato le azioni di sorveglianza globale dei governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, dalle intercettazioni telefoniche all’accesso a posta elettronica e ricerche web anche a danno dei massimi dirigenti di paesi alleati (era intercettata anche la cancelliera Merkel).
Il giornalista Glenn Greenwald, a cui Snowden aveva consegnato i documenti segreti, è stato da poco prosciolto in Brasile, dove ora vive, dall’accusa di crimini informatici per aver divulgato messaggi che provano il complotto giudiziario contro Lula.
E ancora Daniel Hale, funzionario dell’NSA, arrestato nel 2019 per aver fornito file top secret sulla guerra dei droni in Afghanistan, Yemen e Somalia. Rischia fino a cinquant’anni di carcere. 
È evidente che l’obiettivo non è arrivare al processo, dove le verità segrete verrebbero a galla, ma intimorire e denigrare con grande dispiego di risorse chiunque tenti di rendere pubbliche le condotte illegali e criminali del potere.


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