11 marzo 2020

Ci ha lasciati Ernesto Cardenal

Ernesto Cardenal, poeta, prete e patriota, è morto il 1° marzo a Managua, all'età di 95 anni.
Il suo profondo anelito per la liberazione e l'autonomia dei popoli, il suo costante impegno nella lotta per la dignità di tutti, l'hanno portato più volte a incrociare il cammino del Tribunale Russell. Per questo la sua scomparsa non è una perdita solo per la poesia e per l'America latina, ma per tutti noi.


Ernesto Cardenal, poeta, prete e patriota, è morto il 1° marzo a Managua, all'età di 95 anni.
Nato nel 1925, studiò in Nicaragua, in Messico e negli Stati Uniti, e rientrato in patria militò contro la dittatura di Anastasio Somoza.
Convertitosi al cattolicesimo entrò nel monastero trappista di Nostra Signora nel Kentucky, dove fu discepolo del religioso e poeta Thomas Merton. Rientrato in Nicaragua e ordinato sacerdote, fondò, su un'isoletta del lago Nicaragua, con i poverissimi contadini e pescatori del luogo, la “comunità di Solentiname”, votata non solo a migliorare il livello di vita della popolazione, ma anche ad elevarla culturalmente. Qui il Vangelo divenne il libro per combattere le ingiustizie perché “i vostri figli non muoiono per volontà di Dio, muoiono di diarrea e sono vittime della ingiustizia degli uomini. Possono essere salvati”. Chiamò maestri per scuole che nelle isole non mai vi erano mai state.
Questo suo impegno per l'elevamento culturale degli ultimi si tradusse, anni più tardi, dopo la vittoria sandinista, in una campagna di alfabetizzazione che gli valse un riconoscimento mondiale da parte dell'Unesco. Grazie a quella campagna, almeno 500.000 nicaraguensi impararono a leggere e a scrivere.

 Per completare la sua biografia religiosa e politica lascio la parola a Lucia Capuzzi , che su l'Avvenire del 2 marzo ha scritto:
La terra del Nicaragua, ferita, in quell’epoca, dalla feroce dittatura dei Somoza e da un’ingiustizia atavica. Questo portò Cardenal a vivere in prima linea una delle stagioni più complesse della storia del piccolo Paese centroamericano, divenuto frontiera cruenta della Guerra fredda. Il sacerdote appoggiò prima l’insurrezione armata del Fronte sandinista e, dopo, entrò da ministro della Cultura nel governo nato dalla Rivoluzione del 1979. Tali scelte gli costarono la sospensione “a divinis” nel 1985. Due anni prima, durante il viaggio in Nicaragua, Giovanni Paolo II gli aveva chiesto pubblicamente di lasciare l’incarico.
Il 17 febbraio 2019, il nunzio Waldemar Stanislaw Sommertag ha comunicato a Cardenal la decisione di papa Francesco di concedergli “con benevolenza l’assoluzione da ogni censura canonica imposta”. Era stato lo stesso poeta, ormai 94enne, a chiedere la riammissione all’esercizio presbiteriale, due settimane prima, durante un lungo colloquio con il nunzio. L’anziano sacerdote – raccontano gli amici presenti – aveva ricevuto la notizia con profonda gioia. E aveva insistito per celebrare subito la Messa, ancora disteso sul letto dove lo costringeva la malattia.
Nel frattempo, molte cose erano cambiate in Nicaragua e nella vita di Cardenal. Venticinque anni fa, quest’ultimo ha lasciato il Fronte sandinista per contrasti con il leader, Daniel Ortega, di cui denunciava il crescente autoritarismo. Tornato al potere nel 2006, l’ex comandante guerrigliero ha cambiato la Costituzione per consentirsi la rielezione indefinita. E ha cooptato istituzioni e società civile mettendo i propri familiari nei posti chiave dell’amministrazione. A partire dalla moglie e vice-presidente Rosario Murillo, da sempre la più acerrima critica di Cardenal. Nell’aprile 2018, alla fine, la società civile si è ribellata al regime di Ortega, populista nella retorica, neoliberista nella pratica. Una rivolta pacifica, repressa nel sangue dal presidente-autocrate. Eppure, nonostante il bilancio tragico di almeno 325 morti, centinaia e centinaia di detenuti politici, decine di migliaia di esuli, sotto-traccia la protesta va avanti.
E Cardenal, di nuovo, non si era tirato indietro, nonostante l’età e la malattia. Il sacerdote-poeta era tornato a impugnare la sua “arma” principale: la parola. Una parola di denuncia e di profezia. Lo scorso dicembre, quando il Premio internazionale Mario Benedetti l’aveva catapultato sulla ribalta della cultura mondiale, Cardenal ha scelto di dedicarlo al popolo nicaraguense e ad Alvarito Conrado, ucciso da un proiettile il 20 aprile 2018 mentre distribuiva bottiglie d’acqua ai manifestanti anti-Ortega: aveva appena compiuto 15 anni.



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