5 settembre 2011

Le ragioni di una crisi

Francesco Gesualdi 

L’indebitamento degli stati è manna per gli speculatori che, in cambio di prestiti, lavorano per impossessarsi di tutto ciò che gli stati possiedono


[...] Al pari dei leopardi, che vagano per la savana in cerca di gazzelle azzoppate, da isolare e braccare, così fanno gli speculatori di borsa. Individuano i soggetti pubblici o privati più deboli e fanno di tutto per sfiduciarli. Poi, quando la loro reputazione è distrutta fanno scattare la trappola: si dichiarano disponibili a concedere prestiti, ma pretendono interessi più alti. Il tutto in un lavoro di squadra esattamente come fanno i felini. Prima intervengono gli speculatori per fare cadere il prezzo delle loro prede. Poi si fanno avanti le società di rating per decretare il loro stato di inaffidabilità. Infine arrivano le banche che si dichiarano disponibili a concedere prestiti, ma solo a tassi rialzati.
[...] Questo sistema la sua scelta l'ha fatta ed è la difesa degli affari privati in base ai rapporti di forza. Per questo, quando gli stati indebitati sono accerchiati dai mercati speculativi, non ci si scaglia contro questi ultimi per impedire che l'avidità privata abbia la meglio sull'interesse collettivo, ma si interviene sugli stati affinché accettino le condizioni imposte dai mercati e l'assedio sia tolto. Così si scopre che oltre al profitto immediato, la speculazione nei confronti degli stati ha un obiettivo ben più sostanzioso: costringerli a vendere tutto ciò che possiedono e cedere ai privati la gestione di sanità, istruzione e qualsiasi altro servizio vendibile. Non a caso l'imperativo imposto agli stati è svendita e privatizzazione. [...] Soprattutto “svendete” perché il vero disegno di mercanti, banche, assicurazioni, imprese di servizi, tutti intrecciati fra loro come serpenti in amore, è di mettere le mani sulle proprietà degli stati. Vedere tanta ricchezza e non poterla toccare, alla stregua di un frutto proibito, è una sofferenza indicibile, da sempre si scervellano per impossessarsene. Così si scopre che si scrive debito, ma si pronuncia privatizzazione, il sogno eterno dei mercanti di accaparrare palazzi, spiagge, parchi, isole, ma anche acqua, scuola, sanità, elettricità, gas, strade e tutto il resto che gli stati possiedono. Tutti beni comuni che la struttura pubblica mette gratuitamente a disposizione di tutti per il bene di tutti, ma che i mercanti vogliono per sé per ricavarci profitto.
(Altraeconomia, 23 agosto 2011)

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