25 aprile 2023

Chi paga per i bitcoin?

Le miniere di bitcoin divorano elettricità e causano un grande inquinamento. Il prezzo lo pagano i cittadini


Dopo che nel 2021 la Cina ha bloccato la produzione di bitcoin, il cosiddetto mining, gli Stati Uniti sono diventati rapidamente i primi del settore. In particolare un gran numero di società si sono insediate in Texas, dove il costo dell’energia è fra i più bassi al mondo. È noto infatti che l’estrazione di bitcoin richiede un’enorme potenza di calcolo e di conseguenza un’altrettanto enorme quantità di energia e relativo inquinamento (complessivamente le società di bitcoin statunitensi consumano tanta energia quanto la città di New York). Questa massiccia richiesta ha provocato un aumento delle bollette texane, ma non solo. I contratti stipulati con i fornitori di energia sono nettamente favorevoli alle società di mining, tanto che, durante una tempesta che ha messo fuori uso centrali elettriche in tutto lo stato lasciando decine di migliaia di persone al freddo e al buio, queste ultime sono state costrette a spegnere gli impianti. Poco male, perché in cambio hanno ottenuto lauti risarcimenti. Ad esempio la società Bitdeer ha incassato una media di 175.000 dollari l’ora per mantenere i computer offline, quindi per i quattro giorni in cui è rimasta inattiva, ha incassato 18 milioni di dollari, dollari pagati con le tasse dei texani. 


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