8 novembre 2023

Transgender: scelta libera o business?

Da tempo assistiamo a una crescente attenzione mediatica alle rivendicazioni LGBT+, e in particolare alle tematiche transgender. Si tratta davvero di un sacrosanto riconoscimento di diritti civili o di qualcos’altro? Come è possibile che una piccola minoranza stia riuscendo a imporre la propria agenda persino nei programmi scolastici di molti paesi, anche i più conservatori?


A spingere questa nuova ideologia, secondo la quale il sesso non è determinato biologicamente, ma è un costrutto culturale e l’identità di genere è soggettiva, non sembrano tanto essere i transgender stessi, quanto potenti organizzazioni legate al business sanitario e biotecnologico. Si pensi che negli ultimi dieci anni, solo negli Stati uniti sono sorte più di 30 cliniche per bambini con presunta disforia di genere (o incongruenza di genere, secondo la definizione dell’OMS), una tendenza che si sta diffondendo nel mondo. 
In Catalogna lo studio di un gruppo femminista (https://www.cronicalibre.com/feminismo-y-sociedad/en-catalunya-crece-un-5700-los-casos-de-ninas-preadolescentes-y-adolescentes-con-disforia-de-genero-entre-2015-y-2021/) ha evidenziato come nel 2012 i soggetti che si rivolgevano ai servizi per la transizione si contavano sulle dita di una mano e riguardavano adulti; nel 2020 erano un migliaio ed erano in gran parte giovani e giovanissimi. Dati simili si registravano nel Regno Unito.
Questo incredibile aumento, in particolare fra i minori, richiederebbe maggiore attenzione, invece molti paesi accettano l’autodiagnosi (sostenere che un ragazzo soffra di disagi psicologici potrebbe essere considerato transfobia) e consentono l’utilizzo di bloccanti della pubertà, terapie ormonali, fino agli interventi chirurgici (dalle mastectomie ai trapianti di utero) ed estetici, che garantiscono lauti profitti.
Non è certo casuale che a sostenere con determinazione l’ideologia transgender ci siano gli Stati Uniti, e in primis la California, che addirittura ha vietato viaggi ufficiali verso altri stati che “discriminano” gli Lgbt+, dove discriminare significa impedire ad atleti trans di gareggiare in competizioni femminili o fornire terapie per la transizione di genere ai minori. 
A finanziare lautamente il movimento Lgbt – si parla di oltre 400 milioni di dollari - si trovano uomini e organizzazioni che hanno un’enorme influenza culturale e solidi investimenti nel settore farmaceutico e biotecnologico (https://thefederalist.com/2018/02/20/rich-white-men-institutionalizing-transgender-ideology/, https://feministpost.it/insights-reflections/fare-montagne-di-soldi-con-lidentita-di-genere/). I risultati arrivano rapidamente: nel 2021 Biden approva un disegno di legge in cui “l’identità di genere” prevale sui diritti delle donne basati sul sesso, l’anno dopo firma un “Ordine esecutivo sull’avanzamento dell’innovazione nelle biotecnologie” e pochi mesi fa,  con la modifica di una norma sulla discriminazione in base al sesso, impone l’accesso degli uomini che si identificano come donne negli sport femminili, generando nuovi conflitti, come già avviene fra genitori e insegnanti in molte scuole dove i programmi Lgbt sono obbligatori fin dalla scuola dell’infanzia. 
Un’importante voce dissonante da questa concezione arriva dal movimento arcobaleno danese (https://www.danskregnbueraad.dk/international) che si schiera contro questa ideologia estrema, che  rischia “di mettere in pericolo i ragionevoli diritti Lgbt raggiunti, ha sradicato i diritti delle donne biologiche, ridotto la libertà di parola e rimosso i diritti dei bambini di completare il loro sviluppo corporeo prima che vengano somministrati trattamenti irreversibili di correzione di genere… è un’ideologia che ha preso in ostaggio una giusta lotta per la parità di diritti e l’ha pervertita in richieste di sottomissione della società ai dogmi totalitari. Il Consiglio Danese dell’Arcobaleno guida la lotta nordica per liberare la causa Lgbt dagli artigli settari dell’attivismo arcobaleno sfrenato. Speriamo di ispirare altri movimenti in altri paesi a fare lo stesso”.

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