22 agosto 2023

Bombe a grappolo: e l'Europa tace

La Convenzione che proibisce le bombe a grappolo impegna gli stati che l'hanno ratificata ad adoperarsi perché gli stati che non ne fanno parte vi aderiscano. Eppure nessuno dei 123 stati firmatari ha alzato la voce per contestare la decisione degli Stati Uniti di inviare queste terribili armi all'Ucraina


E' trascorso più di un mese dall'annuncio del presidente Biden che gli Stati Uniti avrebbero riempito gli arsenali ucraini di bombe a grappolo, e, a quanto pare, queste sarebbero già arrivate e ampiamente usate sul campo di battaglia, senza che dai paesi alleati si sia sentita la più flebile protesta, anzi, almeno in Italia, non se ne è quasi parlato, né nei media, né tra le forze politiche, tutte tese a cercare di trarre profitto dall’ultimo scandaletto di casa nostra.
Eppure non si tratta di una cosa da poco: non solo le bombe a grappolo sono proibite (con ottime ragioni, come vedremo) da una convenzione internazionale cui aderiscono 123 paesi, tra cui l'Italia e quasi tutti i paesi europei, ma questa convenzione si inserisce in un processo che negli ultimi trent'anni ha portato a una serie di accordi multilaterali per la limitazione in un primo tempo, e in prospettiva l'eliminazione, di armi particolarmente pericolose od odiose, quali appunto le bombe a grappolo, le mine anti-uomo, i gas, le armi nucleari e altro.
In particolare le bombe a grappolo, come è noto, sono bombe di grandi dimensioni, lanciate da aeromobili oppure da sistemi di artiglieria, che si aprono a mezz’aria spargendo ad ampio raggio molte decine (o anche centinaia) di munizioni più piccole, progettate per esplodere al momento dell’impatto con un ostacolo solido (terreno, mezzo corazzato). Esplodendo, la sub-munizione invia frammenti metallici in ogni direzione, uccidendo o ferendo. Molte però di queste submunizioni (dal 3 al 15% a seconda delle tipologie) non esplodono al contatto col suolo e rimangono attive e nascoste anche per molti anni, rappresentando un grave pericolo per i civili, in particolare i bambini, perché possono esplodere al minimo tocco o spostamento, come le mine antipersona.
Di qui l'importanza delle convenzioni adottate dalla maggioranza dei paesi dell'ONU, spesso sotto la spinta dell'opinione pubblica mondiale. E non si tratta solo di parole: a oggi gli stati firmatari hanno distrutto il 99% delle loro bombe a grappolo e sminato più di 700 chilometri quadrati di terreni contaminati. 
Anche i paesi non aderenti (tra cui Russia, Stati Uniti e Ucraina), pur utilizzando questo tipo di munizioni, lo facevano quasi di nascosto, negando o minimizzando i fatti (vedi la ricerca condotta sul campo da Human Rights Watch, in [1]).
Ora non più. Ora non ci sono più scrupoli: solo negli ultimi giorni a Donetsk si sono intensificati i bombardamenti con questi ordigni e il numero di civili uccisi dalle submunizioni è in continuo aumento [2]. Kiev e Washington hanno dichiarato che le nuove armi (come tutte quelle precedentemente fornite dai paesi NATO in una continua escalation) avrebbero dato nuovo vigore alla controffensiva in corso, affermazione messa in dubbio dagli stessi esperti americani [3]. Nessun dubbio, invece, sulle conseguenze a lungo termine dell'uso di queste armi nei territori dell'Ucraina orientale, dove la vita dei civili sarà messa indiscriminatamente in pericolo anche molto tempo dopo la fine del conflitto, quale che sia l'assetto geopolitico che uscirà da questa guerra, se saranno cioè repubbliche indipendenti, o parte della Russia, o parte di un'Ucraina centralista o di un'Ucraina federale, come era nelle aspirazioni della popolazione locale e come era stato loro promesso con gli accordi di Minsk.
Ma gli effetti negativi della decisione americana non si limitano al futuro del Donbass.
Con la sua scelta Biden ha mostrato tutta l'arroganza del potere, ha ulteriormente ridotto la credibilità delle istituzioni internazionali, ha dato uno schiaffo all'opinione pubblica mondiale e agli stessi governi europei, più vassalli che alleati, ha inferto un ennesimo colpo alla volontà e capacità della società civile di operare per il disarmo. Mi auguro che tutti noi, come cittadini italiani ed europei, come uomini e donne preoccupati per il nostro futuro comune, operiamo per giungere quanto prima a un divieto globale di tutte le armi, sola garanzia di un mondo più sicuro per tutti [4].


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