6 febbraio 2020

TAV Torino-Lione: perché no


Piero Basso

Una recente indagine del movimento No TAV ha mostrato l'enorme sproporzione tra lo spazio riservato dai media ai sostenitori del progetto TAV Torino-Lione e ai suoi critici: mediamente il 90% e il 10%. Cercherò allora, per gli amici che fossero interessati, di presentare le ragioni, secondo me molto convincenti, dei No Tav, e di richiamare l'attenzione su un'avventura che dovremo pagare tutti, non solo i cittadini della Val Susa.


La TAV Torino-Lione
TAV è l'acronimo di treno ad alta velocità: ogni giorno migliaia di treni ad alta velocità circolano in tutto il mondo, portando milioni di passeggeri alle loro destinazioni. Regina assoluta dell'alta velocità è la Cina, con oltre 27.000 km di linee percorse da treni a oltre 250 km/h, seguita dal Giappone e dalla Spagna, con oltre 3.000 km, e dalla Francia con un'estensione poco inferiore.
L'Italia, con oltre 1.100 km (Torino-Milano-Salerno e Milano-Venezia) si colloca al 6° posto nel mondo, ma quando si parla di TAV, e più ancora di No TAV. si parla di una linea ferroviaria che non esiste e che dovrebbe in futuro collegare Torino a Lione, sviluppandosi per 235 km, di cui metà in galleria.
Secondo i promotori, la società mista italo-francese incaricata del progetto LTF (Lyon Turin ferroviaire), la nuova linea ferroviaria Torino-Lione (NLTL) è necessaria per evitare l'isolamento del Piemonte dall'Europa conseguente all'imminente saturazione della “linea storica”, cioè l'attuale collegamento ferroviario Torino-Lione attraverso il tunnel del Fréjus, inaugurato nel 1871.
Sempre secondo i promotori l'opera comporterà altri benefici: assicurerà lavoro a migliaia di operai per almeno vent'anni, migliorerà le condizioni ambientali della Val Susa togliendo centinaia di migliaia di camion dalla strada, oltre, ovviamente, ad assicurare comodità e velocità a viaggiatori e merci.
Il problema è che tutto si basa su un assunto totalmente sbagliato, e che si rivela sempre più sbagliato ogni giorno che passa, quello cioè che la linea esistente possa presto non essere più in grado di reggere il prevedibile aumento del traffico transfrontaliero.
Vediamo come ha potuto nascere questo colossale equivoco (e come non si dovrebbero fare le previsioni)

Le previsioni.
Dato che non è neppure lontanamente immaginabile un aumento del traffico passeggeri che giustifichi la costruzione di una linea AV (30-40.000 passeggeri/giorno per essere economicamente sostenibile, contro i due-tremila attuali, invariati da vent'anni) si ipotizza un aumento del traffico merci, quello che toglierebbe i camion dalla strada; infatti il progetto della NLTL prevede una linea AV/AC (alta velocità, alta capacità) in grado di sostenere il passaggio sia di treni passeggeri sia di treni merci.
Vediamo allora i dati storici sul traffico merci (espresso in Mt/a, milioni di tonnellate per anno) lungo la linea ferroviaria “storica” e alcune previsioni del suo incremento.
Un semplice sguardo al grafico mostra un'evidente contraddizione: da una parte il traffico reale scende di anno in anno; dall'altra le previsioni schizzano verso l'alto, tanto più rapidamente quanto più sono lontane dalla realtà.
La prima previsione, del 1999, estrapola i dati più recenti allora disponibili (sino al 1997), segnati da una discreta ripresa del traffico dopo un lungo periodo di stasi, e prevede il raddoppio del traffico, da 10 a 20 Mt/anno, in una dozzina d'anni, contro i 25 richiesti per il raddoppio precedente, da 5 a 10 t/anno. 20 Mt/anno è il limite per la capacità di trasporto della linea esistente stimato da LTF (altri studi collocano questo limite molto più in alto, a 26-27 Mt/anno). Se la saturazione della linea storica è così vicina (entro il 2010 secondo la previsione) occorre partire subito con la progettazione, i cantieri, gli appalti.



Che questa previsione fosse per lo meno poco attendibile si poteva capire subito, non solo per ragioni “tecniche” (basata com'era solo sull'andamento degli ultimi anni trascurando tutta la storia precedente, ed estrapolando i pochi dati positivi in modo esponenziale), ma anche per avere assunto alcune ipotesi di lavoro non verificate, nessuna delle quali si è poi realizzata. Ce le ricorda il prof. Tartaglia:
Si sono fatte due ipotesi di crescita annua del PIL sino al 2020, l'1,8% e il 2,4%: sappiamo tutti come sono andate le cose.
Ci sarà uno spostamento di traffico transalpino dalla Svizzera verso la Francia:in realtà, nel ventennio tra il 1994 e il 2016 il traffico merci verso la Svizzera (ferro + gomma) è passato da 25 a 40 Mt/anno e quello verso l'Austria da 60 a 130 Mt/anno, mentre l'intercambio con la Francia è rimasto stabile a tra 40 e 50 Mt/anno. Cresce cioè il traffico transalpino, ma solo lungo la direttrice Nord-Sud, non Est-Ovest.
La realizzazione di nuove infrastrutture ferroviarie sposterà traffico dalla strada alla ferrovia: addirittura, negli ultimi anni, questo è diventato l'argomento fondamentale dei sostenitori dell'opera, necessaria, anche in assenza di ogni aumento del traffico, “per realizzare l'obiettivo europeo di trasferire su ferrovia il 30% di traffico delle merci al 2030 e il 50% al 2050.” In realtà l'esperienza svizzera dice esattamente il contrario: l'entrata in funzione della galleria del Lötschberg nel 2007 e del Gottardo nel 2016 non ha in alcun modo modificato la ripartizione del traffico. Se in Isvizzera, unico paese in Europa in cui prevale il trasporto merci per ferrovia, ciò si deve a un politica tariffaria fortemente punitiva verso il trasporto su gomma, non alla qualità delle infrastrutture ferroviarie.
Sia come sia, le cose non vanno secondo le previsioni, e il traffico, anziché aumentare, diminuisce. Ma poiché, a differenza del matrimonio tra Renzo e Lucia, questa TAV s'ha da fare, ecco nuove farneticanti previsioni, nel 2007 (il traffico è da anni in costante discesa, sino alle 6,4 Mt del 2004, ultimo dato disponibile), e l'ultima, che arriva addirittura a ipotizzare una crescita ininterrotta dalle 3,4 Mt del 2012 a un visionario 40 Mt nel 2035!

I costi.
Il sospetto che tanta pervicace ostinazione nella realizzazione di un'opera palesemente non necessaria possa essere motivata anche dagli interessi che inevitabilmente gravitano attorno alle grandi opere sembra legittimo.
Di che cifre stiamo parlando? Il costo inizialmente previsto per la realizzazione dell'intera opera era di 27,1 miliardi di euro, diviso in tre parti: 10,9 miliardi per la tratta tra Lione e St. Jean de Maurienne, di competenza delle ferrovie francesi, 6,6 miliardi per la tratta tra Torino e Susa-Bussoleno, di competenza delle ferrovie italiane, e 9,6 miliardi per la tratta transfrontaliera, tra St. Jean de Maurienne e Susa-Bussoleno, di competenza della società TELT (Tunnel Euralpin Lyon – Turin, la società italo-francese incaricata della progettazione, costruzione e gestione della tratta transfrontaliera).


Mentre le ferrovie francesi e quelle italiane, per le parti di loro competenza, non hanno ancora avviato nessun lavoro, e anzi riprogettano il tracciato eliminando numerose gallerie inizialmente previste (cancellando anche l'avveniristica stazione di Susa progettata da Kengo Kuma), solo la TELT ha iniziato i lavori, tra le vivaci proteste degli abitanti della valle, chiamati a pagare il prezzo più alto per la realizzazione dell'opera. Sulle conseguenze per il territorio e sulle ragioni del movimento NoTav torneremo in altra occasione: qui voglio solo accennare al prezzo (monetario) che pagheremo tutti, anche a centinaia di chilometri dai cantieri.
La cifra di 9.600 milioni di euro è stata determinata dal CIPE rivalutando al 2017 gli 8.600 M€ previsti dall'accordo italo-francese del 30/1/2012. Ma l'esperienza ci dice che ben altri saranno gli aumenti che andranno via via a gonfiare la previsione iniziale.
L'ng. Cicconi, studioso di appalti pubblici recentemente scomparso, ritiene che la spirale degli aumenti sia inevitabile dopo la scelta fatta dalle ferrovie dello stato, nel 1991, di affidare la realizzazione della rete ad alta velocità a una società fintamente privata, TAV spa, non soggetta agli obblighi di trasparenza negli appalti delle imprese pubbliche. E porta molti  numeri a favore delle sue affermazioni:
il costo per i binari dell'alta velocità (tratte e nodi) previsto nel 1991 era di 10.267 milioni di euro, lievitati a 49.048 (cifre ufficiali) nel 2006: un aumento di quasi cinque volte (più di tre volte tenendo conto dell'inflazione).
La controprova è data da un confronto tra il costo al chilometro della direttissima Firenze-Roma, realizzata con appalti a evidenza pubblica, circa 20 M€/km, e quello delle tratte più recenti, da 50 a 90 M€/km.
Tale prassi è stata stigmatizzata anche dalla Corte dei conti, che in un rapporto del  2008 (“Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., RFI, TAV e ISPA per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema alta velocità”) scrive:
Le istruttorie … dovrebbero essere caratterizzate da un preventivo studio delle alternative possibili, delle tecniche di valutazione adottate per le scelte effettuate, dei risultati attesi e dei possibili scostamenti.
La vicenda in esame è considerata alla Corte paradigmatica delle patologiche tendenze della finanza pubblica a scaricare sulle generazioni future oneri relativi a investimenti la cui eventuale utilità è beneficiata soltanto da chi li pone in essere, accrescendo il debito pubblico, in contrasto con i canoni comunitari”.
La valutazione delle alternative: non solo l'ammodernamento della linea storica vs la nuova linea, ma anche quello che si potrebbe fare con una tale concentrazione di risorse investita altrove (dalla difesa del territorio alla costruzione di case popolari alla stessa sicurezza del sistema ferroviario – vedi Pioltello e Lodi).
A conclusione del loro lavoro i membri del gruppo di lavoro presieduto dal prof. Ponti che ha condotto l'analisi costi-benefici dell'opera scrivono: “Molto diverso risulta il quadro che concerne i costi, che ricadono in larghissima misura sulla fiscalità generale. [...] Cioè saranno chiamati a pagare gruppi sociali, di livello di reddito certo differenziato, che mai godranno dei benefici dell’opera, al contrario di quanto avviene per quelle infrastrutture di trasporto che recuperano dagli utenti tutti o una parte consistente degli investimenti. […] Ma certo l’analisi può solo constare fenomeni, non emettere giudizi di equità, nemmeno su fenomeni vistosi di rendita, comunque determinati da decisioni pubbliche.”


Continua …
Mi sono soffermato sul “peccato originale” della NLTL e sul costo che tutti noi, e i nostri figli e nipoti dovremo sostenere per questa grande opera, se non riusciremo a fermarla in tempo, ma ci sono molti altri aspetti che meritano di essere raccontati, dagli accordi italo-francesi ai problemi ambientali, dalla lotta coraggiosa e aperta del movimento No TAV alla sua repressione.
Spero di poter ritornare presto sull'argomento (a meno che non arrivino prima due amici veneziani che mi hanno promesso un pezzo sul Mose …)


Fonti consultate:
Agenzia Italia
Analisi costi-benefici del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione (Marco Ponti et al.)
Il TAV Torino-Lione: le bugie e la realtà (Guido Rizzi e Angelo Tartaglia)
Slides di presentazione (fornite cortesemente da Angelo Tartaglia)
Wikipedia

1 commento:

  1. Viva la politica tariffaria svizzera fortemente punitiva verso il trasporto su gomma.

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