10 giugno 2022

Tutti al voto! O no?

Domenica 12 giugno oltre cinquanta milioni di italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su cinque referendum relativi al tema “giustizia”. L’impressione è che l’interesse per questa consultazione sia in generale assai scarso, e che in definitiva le cinque proposte non verranno approvate per difetto di partecipazione, cioè per il non raggiungimento del cosiddetto “quorum” (la metà più uno degli aventi diritto)


Anche noi, del resto, siamo partecipi di questo disinteresse, visto che arriviamo a parlarne solo all’ultimo momento. (Per la verità pensavamo di raggiungervi con un piccolo dossier Ucraina, rivelatosi poi troppo impegnativo e che pertanto rimandiamo di qualche giorno).
Un destino un po’ triste per uno strumento di democrazia diretta che ha svolto un ruolo importante nello sviluppo civile del paese, dal referendum sulla forma istituzionale (tranquilli, nel 1946 ancora non votavo, però andavo in giro per le strade attorno a casa offrendo volantini ai passanti, che li accettavano e li leggevano con interesse), sino alle appassionate battaglie degli anni ‘70 per difendere il diritto al divorzio e all’aborto e alla più recente difesa dell’acqua pubblica.
I cinque quesiti su cui siamo chiamati a esprimerci domenica sono “abrogativi”, cioè richiedono di rispondere SI se si vuole abrogare la legge, NO se si vuole invece mantenerla.
Di seguito una breve sintesi dei quesiti referendari.

Referendum n.ro 1 (scheda di colore rosso): abrogazione della legge Severino che prevede il divieto di candidarsi e di ricoprire cariche elettive e di governo per i condannati, anche non definitivi, per gravi reati. In questo modo si vieta la candidatura anche di chi potrà essere riconosciuto innocente (sì), ma cancellando la legge anche i condannati per gravi reati potrebbero assumere cariche pubbliche (no).
Referendum n.ro 2 (scheda di colore arancione): limitazione delle misure cautelari (arresti domiciliari o carcere prima della sentenza definitiva di condanna nel caso si tema la possibilità di inquinamento delle prove o la ripetizione del reato). In Italia si ricorre troppo ai provvedimenti di custodia cautelare (sì); l'eliminazione di misure come l’allontanamento dal domicilio coniugale ridurrebbe ulteriormente le denunce delle donne vittime di violenza domestica (no).
Referendum n.ro 3 (scheda di colore giallo): separazione delle carriere dei magistrati, giudicanti e requirenti (accusa). Rende più trasparente la giustizia (per il sì), ma rischia di rendere le procure dipendenti dal potere politico (per il no).
Referendum n.ro 4 (scheda di colore grigio): la valutazione dei magistrati, oggi spettante ai soli membri togati del CSM, verrebbe estesa anche ad avvocati e docenti di discipline giuridiche. Per i sostenitori del sì allargarla a questi ultimi ridurrebbe il rischio di autoreferenzialità. Per il fronte del no, gli avvocati, con il loro voto, potrebbero influenzare il comportamento del giudice in aula.  
Referendum n.ro 5 (scheda di colore verde): attualmente la candidatura dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura deve essere preceduta dalla raccolta di firme fra i colleghi. L’abrogazione di questa norma ridurrebbe il potere delle correnti (sì); mostrerebbe diffidenza verso l’associazionismo e il pluralismo culturale (no).

Non ho la competenza (né il tempo) per addentrarmi nei pro e nei contro di ogni singola proposta. Mi limito a segnalare alcune schede preparate dall’amico Giovanni De Stefanis dell’associazione Libertà e Giustizia di Napoli con le principali tesi a favore del sì e a favore del no: https://bit.ly/Referendum12-06 
Qui invece trovate la posizione a favore del no del coordinamento lombardo per la democrazia costituzionale: http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/2022/05/16/i-quesiti-dei-referendum-sulla-giustizia-e-le-ragioni-del-nostro-no/

“Votando SÌ riformeremo la giustizia, e sarà una giustizia più giusta”. Questo è il messaggio che vogliono far passare i promotori. In realtà non è così, e non potrebbe esserlo, perché non è certo attraverso l’abrogazione di questa o quella norma di legge che si può porre mano a quello che, agli occhi della grande maggioranza dei cittadini, è il peggior difetto della giustizia in Italia: la lunghezza dei processi, sia civili che penali, che porta alle aberrazioni della prescrizione per chi ha buoni avvocati, da una parte, e delle lunghe detenzioni preventive, dall'altra.
Il voto rischia di essere influenzato da pregiudizi e slogan di grande impatto emotivo, e così i cittadini chiamati ad esprimersi al riguardo, rischiano di immaginare un cambiamento reale e naturalmente positivo del sistema giudiziario, grazie alla vittoria dei “SÌ”.
Personalmente voterò cinque no, cioè per il mantenimento dell’esistente, e non certo perché sia convinto che tutto l’esistente sia perfetto (anzi!, la condanna a 13 anni di carcere del sindaco di Riace per illeciti amministrativi ci dice quanta strada ci sia ancora da fare), ma perché l’impostazione generale dei referendum parte da una sfiducia generalizzata nei confronti della magistratura che viceversa io considero ancora oggi, nel suo insieme, malgrado difetti ed errori, l’unico baluardo contro il razzismo, la corruzione e altri mali della nostra società.

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