12 dicembre 2011

Dizionarietto della crisi

Oggi vi propongo un dizionarietto della crisi (da Agenzie di rating a Sprechi)

Agenzie di rating
Sono quelle che "certificano" lo stato di salute dei debitori, siano essi imprese o governi, assegnando un "rating", un voto, da AAA a scendere. Un po' come le stelle Michelin, solo che le conseguenze sono molto più pesanti: se il tuo voto è basso, farai fatica ad ottenere crediti, e pagherai dei tassi più alti. Le più grandi, tutte americane, sono Standard & Poor's, Moody's, Fitch. Più di una volta le agenzie si sono sbagliate, non vedendo arrivare la bufera (Argentina, mutui "subprime", Lehman Brothers) e sono da più parti sospettate di conflitto di interessi per la loro vicinanza ai fondi di investimento. Il 6 dicembre l'Autorità europea di vigilanza sui mercati, Esma, ha aperto un'indagine sulle agenzie di rating per verificare le modalità di classificazione dei titoli del debito pubblico degli stati e di altre obbligazioni, e potrebbe imporre sanzioni pesanti nel caso dovessero emergere irregolarità.

Argentina
Negli anni '90 l'Argentina è presentata come un modello economico dalle grandi banche d'affari e dal Fondo Monetario Internazionale: parità fissa tra peso e dollaro (quindi nessun rischio di svalutazione!), bilancio in pareggio, privatizzazioni, istituzione dei fondi pensione privati. Per pagare le pensioni lo Stato, privato dei contributi dei lavoratori attivi (che affluiscono ai fondi), emette buoni del tesoro, dichiarati "sicuri" dalle agenzie di rating e ben accetti dalle banche internazionali (con laute commissioni). Quando gli investitori, scottati dalla crisi del debito asiatico, vogliono portare a casa i guadagni accumulati e fanno rientrare i loro capitali, lo Stato non è in grado di far fronte ai suoi impegni, e nel dicembre 2001 è la bancarotta: il peso si svaluta del 70%, la disoccupazione sale al 60%, viene sospeso il pagamento delle pensioni, le proteste dilagano. Dopo un periodo di disordini e di grande instabilità politica il governo del presidente Kirchner compie una svolta radicale: volta le spalle alla politica di austerità e deflazione imposta dal FMI a favore di una politica di inflazione e crescita.
Questa politica ha dato complessivamente buoni risultati, anche se non mancano i problemi (per esempio un'inflazione ancora a due cifre). A dieci anni dalla bancarotta la disoccupazione è scesa al 7%, la crescita oltre l'8%, il debito è pari al 35% del PIL (meno della Germania).
[Loretta Napoleoni, Il contagio, Rizzoli 2011]

Auditing 
Il verbo "to audit" significa rivedere, verificare, e quindi "auditing" indica l'azione di revisione dei conti. La richiesta di un auditing del debito pubblico italiano è diventata la parola d'ordine di tutti coloro che sono disponibili a pagare un debito legittimo, ma non a sopportare sacrifici per "debiti" causati dall'ingordigia delle banche o da veri e propri furti. Come scrive il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, occorre capire quale parte del debito è stata utilizzata per il bene comune, e quale è dovuta a frode, ruberie, corruzione, sprechi, opere inutili o dannose, arricchimenti e regalie a caste, banche, imprese. Non c'è bisogno di essere di sinistra per chiedere un'indagine che faccia chiarezza.
Ad esempio, molti comuni italiani hanno portato davanti ai tribunali le banche che hanno venduto loro dei titoli-truffa ("derivati"); in particolare Milano chiede il rimborso di 100 milioni di euro.
Per un esempio di auditing del debito di un intero paese, v. Ecuador.

BCE
La Banca Centrale Europea è stata istituita nel 1998 dai paesi che hanno adottato l'euro come moneta comune (oggi sono 17), ha sede a Francoforte e, dal 1° novembre di quest'anno, è presieduta da Mario Draghi, ex-governatore della Banca d'Italia, succeduto al francese Jean-Claude Trichet.
L'obiettivo fondamentale della BCE, fortemente voluto dalla Germania, è quello di contrastare ogni rischio di inflazione, ed ha la caratteristica di essere l'unica banca centrale al mondo che non può essere "prestatore di ultima istanza" dei governi dell’area euro. Secondo molti questa scelta è all'origine di tutti i guai dell'attuale crisi del debito. Vedi gli articoli di Paolo Ferrero, di Paul Krugman, e il "manifesto degli economisti", tutti riportati di seguito.

Costi della politica / 1 
Siamo abituati a identificare i "costi della politica" col costo dei privilegi che una classe di uomini politici ormai lontani dalla popolazione, anche dai loro elettori, si autoassegna. In realtà i costi della politica, o piuttosto della malapolitica, sono ben altri: lo spreco, la corruzione, le cose non fatte. Ne dò alcuni esempi in questo dizionarietto.
L'ultimo decreto governativo ha inteso fare pulizia, cominciando però dalla parte sbagliata, eliminando cioè le indennità per i consiglieri di zona (poche centinaia di euro all'anno). In questo caso il buon senso sembra prevalere e la norma è stata respinta dall'ANCI, l'associazione dei comuni italiani. 

Costi della politica / 2 
Cesare Salvi (Il costo della democrazia): "Rendiamo il finanziamento pubblico trasparente, mettendo come condizione una trasparenza nell'attività dei partiti; tu non vuoi essere trasparente, non vuoi essere controllato, allora rinunci al finanziamento". E aggiunge: "Il finanziamento non è necessariamente in denaro; in Gran Bretagna, ad esempio, è dato sotto forma di tempo di televisione, gratuito, col divieto però di acquistare spazi pubblicitari" 
D'altra parte non ho dimenticato quanto mi raccontava un parlamentare che oltre cinquant'anni fa, in tempi non sospetti, propose di equiparare lo stipendio dei parlamentari a quello dei dirigenti statali, di cui avrebbero quindi seguito le vicende. Anche allora questa proposta non passò, anche allora perché "limitava il potere legislativo del Parlamento, espresso dal popolo sovrano" 

Default 
Il mio vocabolario elenca queste parole italiane come traduzione di "default": mancanza, difetto, omissione, contumacia, e, solo in fondo, inadempienza nei pagamenti. In Italia l'uso del termine default col significato di "insolvenza" è relativamente recente (eravamo piuttosto abituati all'espressione "valore di default" per indicare il valore predefinito). Negli Stati Uniti, alla vigilia del temuto default (v. qui di seguito), da alcune parti si è sostenuto che il default si verifica solo quando il governo sospende il pagamento degli interessi sul debito, non quando sospende qualunque altro tipo di pagamento (stipendi, pensioni, sussidi ai disoccupati, fornitori, contrattisti militari, eccetera).

Default degli Stati Uniti 
L'estate politica americana è stata caratterizzata dall'aspro contrasto tra repubblicani e democratici sul possibile "default" degli Stati Uniti. Intendiamoci: gli Stati Uniti sono il paese più indebitato del mondo, ma il mondo è pieno di formichine (in primis Cina, Giappone, Germania) desiderose solo investire i propri risparmi nei "bond" americani, considerati solidissimi perché è la "Federal Reserve" americana che emette i dollari, la moneta regina.
Il problema non è quindi il deficit di bilancio (non c'è nessuna signora Merkel a tirare le orecchie a Obama) e neppure quello di non riuscire a collocare i "bond" a tassi di interesse molto bassi.
Il problema è una legge (del 1917) che vieta al governo di indebitarsi oltre un certo limite, fissato dal Senato. In un secolo questo limite è stato innalzato 78 volte (49 su richiesta di presidenti repubblicani e 29 di presidenti democratici), e si prevedeva di raggiungere il limite ai primi di agosto. Di qui l'appello dell'amministrazione per un sollecito innalzamento del limite, senza di che il governo, impossibilitato a chiedere in prestito le somme di cui aveva bisogno per i pagamenti, si sarebbe trovato in "default". 
Alla fine, come era prevedibile, la maggioranza repubblicana ha concesso l'autorizzazione, ma a prezzo di pesanti concessioni da parte di Obama.
[International Herald Tribune, 28 luglio 2011]
Nel caso americano si trattava di una semplice legge già emendata decine e decine di volte: non mi sembra molto ragionevole voler inserire una norma capestro di questo genere addirittura nella nostra Costituzione!

Ecuador 
L'Ecuador è un esempio concreto di inchiesta sul debito (auditing). Sette mesi dopo la propria elezione, il neo presidente Rafael Correa ha istituito una commissione d'inchiesta formata da 18 esperti che hanno cominciato a lavorare nel luglio 2007. Dopo 14 mesi di lavoro hanno consegnato un rapporto che mostrava chiaramente l'esistenza di numerosi prestiti accesi in violazione delle più elementari norme di legalità. Sulla base di tali risultanze, nel novembre 2008 il governo ha dichiarato la sospensione del pagamento di titoli in scadenza nel 2012 e nel 2030. Finalmente il governo di questo piccolo paese è uscito vittorioso da una prova di forza con le banche nordamericane e per 900 milioni di dollari ha ricomprato titoli del valore nominale complessivo di oltre 3 miliardi. Se si considerano anche gli interessi annullati, il risparmio totale per l'Ecuador è stato di 7 miliardi di dollari che il governo può spendere per spese sociali, sanità, istruzione, trasporti. 

Equità fiscale 
Tema certamente complesso, in cui non ho la pretesa di addentrarmi. Non sembra però che possa essere considerata equa una manovra che, dal lato delle entrate, agisce praticamente solo sulle imposte sui consumi (IVA, accise sulla benzina, eccetera) che gravano indistintamente su tutti i cittadini, ricchi e poveri, senza toccare le imposte dirette, che viceversa possono essere scaglionate in funzione del reddito. Per assicurare l'effettiva progressività dell'imposta, cioè perché paghi di più chi ha maggiori possibilità (area in cui rientrano non solo i "ricchi", ma anche i redditi medio-alti) occorrerebbe, a mio avviso, tassare con un'unica imposta progressiva l'insieme di tutti i redditi, da lavoro e da capitale, mentre oggi questi ultimi sono in gran parte tassati con un'aliquota fissa e non considerati nel reddito complessivo.
Ma, naturalmente, la prima e più importante iniziativa per l'equità fiscale sarebbe di far pagare chi non ha mai pagato, cioè gli evasori. Di seguito due considerazioni sull'argomento.

Evasione 
Secondo il Sole 24 Ore il 42% delle barche di lusso appartiene a contribuenti con meno di 20 mila euro di imponibile annuo. Sono queste notiziole che indignano tutti noi che, vuoi per senso civico, vuoi perché obbligati, paghiamo le tasse sino all'ultima lira, e le paghiamo in misura esorbitante dovendo supplire anche ai molti, troppi "furbi" che non le pagano, e che per vent'anni sono addirittura riusciti a mandare al governo il re degli evasori (e il suo consulente tributario di fiducia a fare il ministro dell'economia). 
A quanto ammonta l'evasione fiscale nel nostro paese? Secondo il sito dell'associazione contribuenti italiani, che peraltro non dice su quali studi basi le sue indicazioni, l'evasione supererebbe i 170 miliardi di euro, attribuibili a lavoro nero, economia criminale, lavoro autonomo non fatturato, falsificazione di bilanci (la famosa "finanza creativa"), trasferimento dei guadagni a succursali estere.
Un dato un po' inferiore, ma ufficiale, è quello di 120 miliardi indicato da Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle entrate, in un'intervista dell'11 dicembre al Corriere della Sera.
Nella stessa intervista il direttore dell'Agenzia dichiara che verrà messo il massimo impegno nel contrastare l'evasione fiscale. Gli strumenti ci sono tutti: dagli studi di settore all'accesso ai conti correnti all'informazione in tempo reale della chiusura di aziende (che magari poi rinascono con un altro nome, lasciandosi alle spalle una scia di debiti verso privati e verso il fisco).
Ci sono gli strumenti, ma c'è la volontà politica? Mi auguro di sì, e la dimostrazione può venire dalla rapida approvazione di norme che sveltiscano le procedure, oggi lentissime, per passare dall'accertamento all'effettiva riscossione. Altrimenti, l'accertamento non seguito da effetti suonerà come una beffa. 

Giappone 
Il Giappone ha un debito pubblico di quasi 9.000 miliardi di dollari che è, in assoluto, il secondo al mondo (dopo gli Stati Uniti), e il più alto rispetto al PIL (è pari a due volte il prodotto interno lordo). Tuttavia la speculazione non tenta neppure di attaccare lo yen, protetto dalla Banca Nazionale del Giappone.

Hitler 
L'ascesa al potere di Hitler ha coinciso con il tragico aggravarsi della situazione economica e sociale del paese conseguente a due anni di durissima lotta all'inflazione condotta dal cancelliere Heinrich Brüning, leader del partito cattolico "Zentrum", chiamato il "cancelliere della fame". Nei suoi due anni di governo la produzione si era ridotta del 7,7% nel '31 e del 7,5% nel '32, e la disoccupazione era salita vertiginosamente.

Imposta patrimoniale 
Oggi è forte la richiesta, da sinistra, di un'imposta patrimoniale "pesante" come mezzo per pagare il debito pubblico e come strumento di equità fiscale.
Di seguito espongo un'opinione diversa su cui merita riflettere. Si tratta di poche frasi tratte da un intervento di Leo Valiani a un convegno del 1988: "Qual è il programma della sinistra? Voi ne discuterete, spero. Voglio solo osservare, a proposito del programma economico dei partiti di sinistra, che mi sembra di essere tornato indietro di due secoli: all'inizio dell'Ottocento i movimenti di sinistra chiesero la tassazione della terra, della casa, dei titoli di stato, e fu un progresso quando già nella seconda metà dell'Ottocento chiedevano l'imposta progressiva sul reddito. Adesso le sinistre tornano a chiedere l'imposta sulla casa e sui titoli di Stato, in un momento in cui la proprietà della casa e di un modesto risparmio in titoli di stato si è diffusa in tutti gli strati sociali, mentre ben altri sono gli strumenti per una tassazione moderna e progressiva".

Irlanda 
L'Irlanda, lodata da Merkel e Sarkozy per essere riuscita, tramite severi tagli agli stipendi pubblici e forti aumenti delle tasse, a risanare, parzialmente, il bilancio statale, sta pagando questa ritrovata "fiducia" dei creditori stranieri (soprattutto banche) con la "sfiducia" dei propri cittadini. 
In effetti il debito pubblico, ancorché sempre in aumento, ha molto rallentato la sua crescita, e alcuni investitori stranieri, particolarmente nel campo delle tecnologie informatiche, sono tornati a investire. Il tasso di interesse sui BTP a dieci anni, che in Italia ha raggiunto il 7%, in Irlanda aveva raggiunto il 14% ed è ora sceso al 9%. Ma è sul piano sociale che la situazione della popolazione è pesantissima: tagli degli stipendi pubblici sino al 20%, rallentamento dell'attività economica, col rischio di ulteriore peggioramento se al calo della domanda interna si sommerà la probabile recessione della zona euro; la disoccupazione è salita dal 4% di pochi anni fa sino al 15%, e sarebbe molto maggiore se migliaia di irlandesi, non solo giovani ma anche lavoratori esperti e famiglie, non avessero ripreso, a decine di migliaia, la strada dell'emigrazione, come nei peggiori anni dell'800 o della grande depressione del '29-'30.
[International Herald Tribune, 6/12/2011) 

Islanda 
Negli anni '90, con l'ingresso nello spazio economico europeo, il governo di destra avvia una politica di deregolamentazione, di riduzione delle imposte e di privatizzazione, privatizzando anche le banche. Queste, drogate dalla possibilità di accedere a prestiti a tassi molto bassi, si lanciano nell'emissione di prestiti a condizioni favorevoli che attirano clienti da tutta Europa e presto le trasformano in banche di rilievo internazionale, con un'esposizione molto superiore alla possibilità della Banca centrale islandese di sostenerle. Nel 2004 il The Wall Street Journal scrive: "le iniziative liberiste di Oddson [il primo ministro islandese, poi passato a dirigere la maggior banca privatizzata] sono il più formidabile successo mondiale". 
Qualche anno dopo si riduce la possibilità di ottenere prestiti per pagare gli interessi e i rimborsi e le banche sono in difficoltà. Il governo garantisce direttamente la solvibilità delle banche, così che, quando, tra il settembre e l'ottobre 2008, centinaia di migliaia di depositanti non possono ritirare i propri depositi, i governi inglese e olandese decidono di rimborsare direttamente i loro cittadini e di presentare il conto al governo islandese. E' la rivolta: i cittadini non vogliono pagare i debiti delle banche. Il governo viene cacciato e per la prima volta va al potere una coalizione di centro-sinistra, che tratta condizioni favorevoli per il rimborso del debito con Olanda e Inghilterra. La proposta prevede il pagamento di 3,7 miliardi di euro (il 50% del PIL islandese) tra il 2016 e il 2023; la proposta passa al Parlamento (col voto della destra, contraria metà della coalizione governativa) e viene respinta in un successivo referendum dal 93% dei votanti. Un nuovo accordo riduce la somma da versare a 2,7 miliardi di euro, ma anche questo viene respinto, questa volta dal 60% dei votanti, in un nuovo referendum dell'aprile di quest'anno. 
[Monde diplomatique, maggio 2011]
Non mi meraviglio tanto che i banchieri abbiano "dimissionato" Papandreu non appena ha parlato di referendum.

Krugman, Paul 
Economista americano, docente all'Università di Princeton e editorialista del New York Times. Premio Nobel 2008 per l'economia. Autore di un articolo, "Uccidere l'euro" (v. poi), in cui sostiene che la politica deflazionista della BCE porterà l'Europa (e gli Stati Uniti) alla rovina. 

Pensioni
Le ultime manovre hanno preso di mira il trattamento pensionistico dei lavoratori in attività, con l'innalzamento dell'età pensionabile, specie per le donne, l'aumento dei requisiti per la pensione di anzianità, l'estensione del sistema contributivo, la penalizzazione dei pensionati di anzianità che non hanno raggiunto l'età della vecchiaia. Tutte misure giustificate con l'effettivo prolungamento della vita media, ma che vanno a colpire soprattutto le donne, chi è andato a lavorare molto giovane, e chi compie lavori particolarmente pesanti o usuranti. Oltre alla difficoltà, in caso di licenziamento, di trovare un nuovo lavoro a cinquanta o sessant'anni.
L'ultima manovra colpisce anche chi è già in pensione, bloccando per due anni il recupero dell'inflazione per pensioni superiori ai mille euro mensili.
Personalmente sono fortunato e la mia pensione supera i mille euro mensili. Mi è peraltro venuta la curiosità di vedere come l'attuale meccanismo di indicizzazione ha tutelato il mio potere d'acquisto. Ebbene, in diciotto anni (dal 1993 ad oggi), la mia pensione netta (non ho conservato traccia dei valori lordi) è aumentata del 28,6%, mentre nello stesso arco di tempo il costo della vita, misurato dall'indice ISTAT per le famiglie di operai e impiegati, è cresciuto del 54,5%. Posso solo sperare che nei due anni di blocco i prezzi non aumentino eccessivamente.
L'insieme di queste manovre ha lo scopo di fare risparmiare molti miliardi all'INPS, che ha già un bilancio in pareggio e per cui anche le previsioni sono favorevoli. Sappiamo che tutti i governi hanno considerato l'INPS non come il depositario dei contributi versati da lavoratori e imprese per assicurare l'erogazione delle pensioni senza oneri per lo Stato, ma come una vacca da mungere, caricandolo di spese improprie: durante il fascismo servì a finanziare la guerra d'Etiopia, nel dopoguerra a sostenere le pensioni dei lavoratori autonomi, poi a pagare gli ammortizzatori sociali che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale. Oggi sottraiamo altre risorse a lavoratori e pensionati per "salvare l'Italia". Si vede che l'abbiamo affossata noi. 
 
Punti base 
Un nuovo termine, questa volta in italiano, è entrato da qualche mese nel linguaggio dei giornali e dei telegiornali: "punti base", o semplicemente "punti". Credo che ormai l'abbiamo capito tutti, il "punto base" è l'un per cento dell'un per cento (o, se preferite, è pari a 1/10.000). Quindi, quando ci dicono che "lo spread dei BTP decennali rispetto ai bond tedeschi è pari a 400 punti base", vuol dire che noi paghiamo un interesse del 4% superiore ai Tedeschi (se loro pagano, per esempio, il 2%, noi paghiamo il 6%).

Spread
Spread può significare crescita, espansione, estensione, diffusione. Solo in americano ha il significato di differenza di prezzo. Oggi è usato per indicare la differenza tra il tasso che paga la banca e quello che paga il cliente (per esempio: Euribor + 2%), ovvero la differenza tra i tassi dei buoni del tesoro tedeschi, i più "sicuri" e quindi i meno costosi in Europa, e i nostri. Quest'ultima differenza è misurata in "punti base", che sono un centesimo di 1%.

Sprechi: 
Ne ricordo disordinatamente alcuni.
Cacciabombardieri F35/JSV: prevista una spesa di 16 miliardi in quindici anni; non si vede che necessità ne abbiamo visto che le guerre le facciamo sì, in spregio alla Costituzione, ma andiamo a farle contro paesi (Jugoslavia, Irak, Afghanistan, Libia) che non sono certo delle potenze militari. 
Frequenze: la scelta del governo Berlusconi di regalare le frequenze televisive agli operatori attuali anziché metterle sul mercato come si fa ovunque; dalla vendita delle frequenze televisive la Germania ricava 4,4 miliardi di euro annui, gli Stati Uniti 20 miliardi di dollari
Maddalena: i lavori alla Maddalena per ospitare il G8, poi frettolosamente trasferito all'Aquila per consentire le passerelle di Berlusconi, sono costati 327 milioni, con appalti affidati senza concorso agli amici di Bertolaso. Il sito sardo è abbandonato nel più completo degrado.
Ponte sullo Stretto: 270 milioni già spesi per studi, comitati, commissioni, consigli di amministrazione, consulenze. Rischio di penali in caso di rinuncia definitiva: 
TAV Torino-Lione: non si tratta di simpatizzare per i NO-TAV o di contrastare un migliore collegamento transalpino; il problema è che quella tratta ferroviaria non si autofinanzierà mai e il costo rimarrà sul gobbo degli italiani per decenni.

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia qui un tuo commento