19 agosto 2011

Letizia Brichetto in Moratti. Promemoria per l’elettore

Roberto Capanna

Una precisa e impietosa disamina sull'operato della sindaca di Milano

La presa del potere
Ottiene la carica di sindaco il 30 Maggio 2006 con il 52% dei voti contro il 47% di Ferrante del Centrosinistra. Significative le cifre spese per la propaganda elettorale: 694.000 Euro Ferrante, 6.335.000 la Moratti. La nuova Giunta si è appena installata che parte lo spoil system: si licenziano i dirigenti della passata amministrazione per far posto agli “amici” di coalizione bocciati alle elezioni e circondarsi di persone “fidate”. Per dare spazio a tutti si raddoppiano le Direzioni centrali. Per legge si potrebbero assumere una decina di dirigenti. Se ne prendono 51, con stipendi di circa 200.000 Euro annui. Su esposto dell’opposizione interviene la Corte dei conti che, compiute le dovute indagini, il 23 Marzo 2009 emette una sentenza per “colpa grave”: sono stati conferiti incarichi illegittimi, a persone spesso prive dei requisiti di legge, “senza minimamente curarsi della violazione dei canoni di ordinaria diligenza”. Si domanda anche perché si è voluta chiamare dalla Calabria una certa Carmela Madaffari, personaggio assai discusso già nella sua Regione, e le sia stata affidata la Direzione Centrale Famiglia (retribuzione annua 217.130 Euro). Ci sono poi doppi incarichi, un Ufficio Stampa di 20 membri, l’assunzione di alcune persone del suo staff elettorale, del suo fotografo personale, ecc. ecc. La Moratti e alcuni membri della Giunta vengono condannati a pagare un risarcimento di 262.000 Euro alle casse dello Stato. Cifra irrisoria, se si pensa che era stato calcolato dalla Procura Regionale un danno erariale di oltre 7 milioni.
In qualunque Paese democratico un dirigente pubblico si sarebbe dimesso. Il Sindaco non ha di questi scrupoli di coscienza, anzi, non si presenta nemmeno in Consiglio comunale per rendere conto dei fatti. 
Parte anche una causa penale, che si trascina a lungo. Alla fine vengono stigmatizzate le irregolarità amministrative e organizzative, ma la sentenza è di archiviazione. 
La Moratti può continuare a curare la città.

La cura della città
Il verde? Si lavora per varare il PGT, il Piano per il Governo del Territorio, ma i tempi sono lunghi, la lobby dei costruttori scalpita. Si studiano opportune varianti al vecchio Piano Regolatore e si parte con i cantieri.
Sparisce il bosco Gioia, polmone verde nei pressi di Stazione Garibaldi. Il bosco è stato donato al Comune da una pia signora, col vincolo che sia adibito a parco pubblico. Ma la signora è morta, si può passare impunemente sul suo cadavere. Oltre duecento alberi, fra cui essenze rare, vengono abbattuti per far posto al cemento del palazzo della Regione, fortemente voluto da Formigoni. Un inutile grattacielo che provoca un pesante danno ambientale e un salasso di 500 milioni di Euro alle tasche degli italiani. 
Spariscono le Varesine, storico spazio di divertimento dei milanesi, per far posto al grattacielo della Moda.
Sparisce l’antico orto botanico di via Cazzaniga, presso corso Garibaldi. Anche lì sorge un palazzone.
Tagliati tutti gli alberi di piazza Bernini, e per capire il dolore che un simile scempio può provocare bisogna leggere l’omelia del parroco di S. Giovanni in Laterano, la chiesa che su quella piazza si affaccia. Un’invettiva contro la perversa violenza del potere, la cui unica legge è il profitto. Anche alla stazione di Lambrate vengono segati gli alberi che circondano il piazzale. E' mai possibile che non si riesca a programmare un semplice lavoro di sistemazione urbanistica senza danneggiare il verde esistente?
L’elenco potrebbe continuare, ma c’è un episodio che merita di essere ricordato. Viene chiesto al Maestro Claudio Abbado di tornare a dirigere alla Scala. Lui acconsente e verrà anche gratis, ma pone una condizione: che vengano piantati 90000 alberi a Milano. Grande occasione di pubblicità per la Moratti, che si fa fotografare con il Maestro e autorità varie in via Dante, da dove partirà questa grande opera di rimboschimento. Troppo bello per essere vero. Già a maggio si comincia con i dubbi, i distinguo, ma si promette che per giugno qualcosa si farà. Passa quasi un anno e tutto è fermo, anzi la Moratti apre una grottesca polemica con Renzo Piano, accusandolo di aver chiesto un milione di Euro per il progetto e di essere quindi la causa del fallimento. 
Secca smentita dell’architetto, che si era offerto come progettista a titolo gratuito, solo per l’amicizia con Abbado e perché felice di collaborare all’impresa. Una storia penosa. Resta la realtà di un'ennesima occasione persa dal Comune. 
Last but not least il massacro che si sta compiendo al Parco Sempione: squadre di operai abbattono maestosi alberi a decine e decine. La gente protesta indignata. La spiegazione è che il Comune non paga più l’assicurazione nel caso di danni per crollo di rami, così l’unica soluzione è di tagliare gli alberi “vecchi”, anche se sanissimi e con ancora decenni da vivere. E si è scelto proprio il periodo della nidificazione! Insieme alle piante cadono nidiacei e uova, ed è tutto uno stridìo di uccelli disperati. 
Grazie Sindaco, per quest’ultimo regalo di Pasqua! L’assurdo è poi che gli alberelli che saranno messi a dimora al posto dei vecchi verranno conteggiati dalla Moratti come nuovo verde! Mai che si diano le cifre degli alberi abbattuti, e non si calcola che passeranno decenni prima di riavere la massa di verde precedente. 

L’aria
Tutto questo avviene in una città in cui ogni anno muoiono circa 400 persone a causa dello smog, 100.000 bambini sono affetti da asma, 50.000 da sinusite grave. Nelle città “civili” per combattere efficacemente l’inquinamento si “riforestano” gli spazi urbani. A Londra non si costruisce che in ex aree industriali, vecchi scali ferroviari, depositi abbandonati, senza toccare un solo centimetro di verde. “Nascono quartieri che possono sfruttare la vera forza della città, la forza della reciprocità, quella che sconfigge l’estraniamento e il rancore”, come dice il sociologo Richard Sennet. Esattamente il contrario di quello che sino ad ora ha fatto l’amministrazione Moratti: cementificare aree verdi, costruire grattacieli-ghetto, distruggere la memoria storica della città. (vedi la demolizione della Fiera campionaria, già gloria di una Milano diversa, laboriosa, ricca di una borghesia colta e produttiva. Non si poteva collocare nei meravigliosi padiglioni liberty la città della moda? Non sarebbe stato un segno di orgogliosa continuità culturale?) 
Il Comune di Milano è incapace di vera progettazione a lungo termine. Il tanto vantato Ecopass si è rivelato un tragico flop. Tanto che i dati risultanti dallo studio della fondazione “Lombardia per l’ambiente” del 2009 erano talmente negativi che sono stati segretati. Neppure i consiglieri comunali sono stati informati. 
Le piste ciclabili potrebbero dare una mano per la riduzione del traffico, ma anche qui, dopo le promesse fatte dalla Moratti in campagna elettorale, pressoché nulla è successo. E’ stato fatto un piano per una serie di piste radiali con centro a piazza Duomo, ma poi si è sospeso tutto perché “le ciclabili toglierebbero posto alle auto” (sic!). A fine 2008 Legambiente Lombardia calcolava 1,6 metri quadrati di ciclabile per abitante. A tutt’oggi la situazione non è molto cambiata. Sembra che le auto in centro siano una necessità primaria. Perciò si scavano parcheggi nei luoghi più assurdi, come fra le tombe dei protomartiri a S. Ambrogio o alla Darsena. E anche nelle zone di nuova costruzione si commette lo stesso errore: nella tanto contestata City Life si prevedono parcheggi per 10.000 auto! Così si disincentiva l’uso dell’automobile? Per tornare all’esempio di Londra, “in centro i parcheggi sono stati aboliti, si progettano solo quelli per disabili. Il 99,8 % di chi lavora alla City, gente ricca o straricca, usa la metropolitana o l’autobus” (Richard Burdet, architetto). Così si scopre la vera natura dei tanti parcheggi milanesi: cecità progettuale dettata solo da brama di speculazione. Questa “politica” fa sì che l’aria di Milano e della Lombardia in generale sia sempre più irrespirabile, che i livelli delle polveri sottili superino costantemente i livelli consentiti e che gli italiani debbano pagare le salatissime multe che la Comunità Europea ci infligge. 

Le acque
Milano città d'acqua, acqua buona, di risorgiva, utile e amica, un tempo. Ora, per l'incuria dell'uomo, è divenuta nemica della città. 
Sabato 18 Settembre 2010: a causa delle forti piogge straripa il Seveso, un piccolo fiume che scende da Nord e finisce nel canale della Martesana. E' il caos: quattro stazioni del Metro 3, fra cui Stazione Centrale, sono bloccate, tre linee tranviarie deviate, in zona Niguarda le strade sono invase da fango e liquami fognari, un tratto di viale Zara frana e si formano code chilometriche. Vigili del fuoco, AMSA e Protezione Civile sono impegnati per soccorrere automobilisti bloccati, rimuovere fango e detriti, creare barriere all'acqua, sbarrare strade allagate. La situazione rimane grave per circa due settimane, mezza Milano è bloccata, proprio mentre si svolgono le manifestazioni per il prêt-à-porter donna. Il Sindaco fa un sopralluogo, ma poi, come d'abitudine, non si presenta in Consiglio Comunale per fare una relazione sui danni e sui tempi di recupero. Una tragedia, ma una tragedia annunciata: già il 29 Aprile 2009 si era allagata la linea 2 per lo straripamento della Martesana, con conseguente arresto temporaneo dei treni. Nel 2002 si era allagata la Metropolitana fra Caiazzo e Lambrate, con ovvi gravi disagi per la città. Fa quindi rabbia vedere come le autorità comunali sembrano ogni volta cadere dal pero: oh, un avvenimento unico e straordinario! La responsabilità viene palleggiata fra Comune, Provincia, Regione. 
Servirebbero interventi drastici: pozzi e vasche di sfogo a nord, ma soprattutto un canale scolmatore per il Seveso. Il Sindaco dà incarico a Metropolitana milanese di progettarlo, ma in realtà era stato già progettato, sempre da MM, durante la giunta Albertini. Ed era un piano molto dettagliato, che prevedeva addirittura di sfruttare i dislivelli per produrre energia elettrica, con una resa di 400.000 euro annui. Solo che la la giunta Moratti, una volta insediata, non l'aveva realizzato, l'aveva «dimenticato” in un cassetto. L'ira della popolazione si esprime soprattutto nel Consiglio di Zona 9, da cui partono pesanti accuse: “Come è possibile che si riesca a tirar su una Piramide (vedi il Pirellone bis) in tre anni, e in 50 anni non si riesca a sistemare il Seveso”! Le cause prime sono note: l'invasione del cemento e dell'asfalto e quindi l'impermeabilizzazione dei terreni già agricoli. Le costruzioni a ridosso del Seveso, del Lambro e dell'Olona fanno sì che nella Provincia di Milano, secondo un dossier di Legambiente, il 32 % dei comuni sia a rischio alluvioni. Inoltre in città la falda cresce anche perché Milano non è più una città industriale. Le grandi fabbriche che sono scomparse prelevavano 100 milioni di metri cubi d'acqua all'anno, che ora alimentano il grande lago sotterraneo su cui poggia la città. Il problema è grave, ma nessuno si muove. Le ultime amministrazioni comunali se ne sono disinteressate, anzi, ora partirà il PGT, altri milioni di metri quadri di cemento. Povera Milano!

Milano da salvare
Fa tristezza ascoltare i discorsi trionfalistici del sindaco (e del vicesindaco De Corato) e poi leggere i titoli dei giornali che fotografano la dura realtà: “Mal di vivere, Milano capitale”: 85.000 malati di depressione, 70 % donne, con un incremento annuo del 4 %, che classifica il capoluogo lombardo come “la città più stressata d'Italia” (dati del Comune, 2008). “Malesseri e relazioni superficiali, a disagio sette milanesi su dieci” (indagine dell'Istituto di ricerche People, 2008). “Milano educa alla diffidenza”: “questa città sembra aver rinunciato ad educare i propri cittadini alla relazione con gli altri e appare tutta concentrata ad addestrarli alla diffidenza e alla difesa”   (don Gino Rigoldi al Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza, 2009). Disagio ovvio in una città in cui le massime autorità non fanno che gridare “al lupo al lupo” per aizzare le persone contro i “diversi”, siano rom o extracomunitari o semplicemente italiani che si danno da fare per rendere Milano più colta, più accogliente, più produttiva meno triste e grigia. Vedi a proposito lo sgombro sistematico dei campi rom, le ruspe che spianano le baracche, i bambini sradicati dalle scuole (con seguenti festosi brindisi in Comune), o la chiusura forzata dei centri culturali “alternativi”, come la “Casa degli artisti” di corso Garibaldi 89A e i tanti centri sociali colpevoli solo di offrire un'alternativa di svago e creatività là dove non esiste una politica per i giovani. Disagio ovvio se guardiamo allo stato attuale di Milano che ha conquistato negli ultimi anni tutta una serie di record che non le fanno certo onore: “Reati metropolitani, Milano è maglia nera” (fonte CENSIS); “Il capoluogo prima città in Italia per consumo di stupefacenti” (fonte Dipartimento dipendenze della Asl); “Oltre 3000 truffe agli anziani, è il primato italiano dei raggiri” (Telefono Blu Consumatori); «Milano capitale dello smog” (Legambiente). “A Milano il pane più caro d'Italia”, ma anche pasta, pollo, olio, latte, parmigiano, lavanderia, meccanico, visite specialistiche, caffè, barbieri (Osservatorio prezzi, Ministero dello Sviluppo Economico). Persino Brunetta “boccia” il Comune: sul sito del Ministero nonsolofannulloni.forumpa.it, in cui si citano cento casi di “eccellenze” da parte delle Amministrazioni, Milano è presente con una sola: il “sito” di Palazzo Marino, una sorta di sportello virtuale di servizi e informazioni accessibile 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. In una seconda lista “minore” di altri 100 casi, Milano è presente con altre tre iniziative: quella relativa alla rete nazionale dei difensori civici, promossa dal milanese Alessandro Barbetta, poi quella sul Parco della Vettabbia e poi il sistema di autovalutazione e miglioramento nella “Direzione Educazione”. E' interessante notare come nessuno dei quattro progetti eccellenti parta dai superdirigenti assunti dalla Moratti per migliorare la macchina amministrativa: sono infatti tutti firmati da semplici impiegati di Palazzo Marino o da “vecchi” dirigenti. Che certo non costano 40 milioni di Euro all'anno.

L'immagine di Milano 
Certo, l'immagine di Milano non esce molto bene da tutto ciò. E anche in campo internazionale le figuracce sono all'ordine del giorno: marzo 2008, il sindaco Moratti compie un sopralluogo a Shanghai in vista dell'Expo 2010. C'è fra l'altro un concorso fra 160 metropoli: “better city, better life”. Milano viene scelta, con altre 29 città, per il suo progetto “Milano verde e blu”. Con grande enfasi viene annunciato che si costruirà un padiglione avveniristico, di 3000 metri quadrati, su progetto di Renzo Piano, del costo di circa 6 milioni di euro. Milano sarà l'unica città italiana ad avere un padiglione proprio all'Expo di Shanghai! Giugno 2009. Senza nessuna enfasi viene annunciato che il padiglione, a Shanghai, non si farà: problemi di budget, di tempi, ecc. ecc. Ci si dovrà accontentare di uno spazio residuo di 100/150 metri quadri all'interno del padiglione Italia, dove sarà installata una specie di vetrina sull'Expo 2015. Stendiamo un velo pietoso. 
Altro flop: annunciata in pompa magna, mai aperta e infine annullata: è la sede a New York della Triennale di Milano. In un luogo prestigioso, di fronte al Museum of Modern Art, si doveva inaugurare nell'autunno 2010 con una mostra su Gio Ponti. Ma poi il cantiere si è fermato, sulla facciata è apparsa la scritta “Notice of eviction”, avviso di sfratto: da mesi non veniva pagato l'affitto. I finanziatori locali si erano ritirati, e anche il Ministero dello Sviluppo economico. Un brutto fallimento e un altro schiaffo all'immagine di Milano e del suo sindaco. E' mai possibile che questa amministrazione non riesca mai a programmare iniziative di un certo peso e prestigio? E' mai possibile che sappia solo mettersi nelle mani dei costruttori dando via libera alla cementificazione della città? Vengono i brividi a pensare che fra quattro anni dovrà partire l'Expo! Forse con altri amministratori, meno sprechi e più chiarezza di idee qualcosa si riuscirà a portare a termine.

Federalismo fiscale 
Ho ripescato un vecchio articolo di Tito Boeri sul federalismo fiscale voluto dalla Lega. In estrema sintesi, ecco i punti principali dell'articolo (Repubblica, 24/1/2011): 
- Da quando la Lega, il partito del federalismo fiscale, è andata al governo, le entrate di comuni, province e regioni costituite da imposte proprie sono andate progressivamente riducendosi, e la fonte principale di finanziamento è rappresentata dai trasferimenti dello Stato (cioè a decidere è Tremonti, o, nel linguaggio leghista, "Roma ladrona"); 
- Il "federalismo fiscale" dovrebbe essere lo strumento che consente ai cittadini di valutare i propri amministratori sulla base di come gestiscono il denaro dei contribuenti, scegliendo i più capaci di assicurare i maggiori e migliori servizi. Nulla di tutto ciò nel progetto leghista (bozza Calderoli), che va invece in direzione contraria, spostando il grosso della fiscalità locale sulla tassa di soggiorno, riservata ai non residenti, e sulle seconde case (con un aumento dell'aliquota sino oltre il 100% del reddito catastale), in gran parte possedute da non residenti. Nessun controllo, quindi, del cittadino contribuente sull'operato dei propri eletti, che in genere sono altri.

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