20 marzo 2010

Venti anni di governo della destra: l'Italia precipita.

di Piero Basso

Tra il 1990 e il 2010, dopo vent'anni di governi di destra o di un centro-sinistra che ha ormai rinunciato a ogni serio progetto di giustizia sociale, l'Italia ha perso terreno nei confronti non solo dei paesi emergenti in rapido sviluppo, ma anche degli altri paesi europei, mentre la classe politica sembra occuparsi d'altro.



Venti anni di governo della destra: l'Italia precipita.

Non sto parlando delle graduatorie internazionali sulla corruzione o sul livello della nostra scuola, che ci vedono regolarmente peggiorare di anno in anno, come è sotto gli occhi di tutti. Sto parlando di economia, quella che avrebbe dovuto essere al centro degli interessi del "governo del fare" che gode dell'appoggio di tanta parte dell'imprenditoria italiana. Vediamo un po'.
Nel 1990 l'Italia era la quinta potenza economica mondiale (dopo Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia) con un prodotto lordo pari al 5,2% del prodotto lordo mondiale e il 15,6% del PL dei paesi che oggi costituiscono l'Unione europea. Nel 2008, dopo diciotto anni quasi tutti dominati dalla destra, siamo scesi dal quinto al settimo posto, e dal 5,2 al 3,8% del PL mondiale. Questo si deve in parte alla rapida crescita di paesi come il Brasile, l'India e soprattutto la Cina, che hanno ridotto il peso economico dei paesi più ricchi; ma abbiamo perso anche nei confronti dei nostri partner europei, scendendo dal 15,6 al 12,6% del
PL dell'Unione, e venendo (ri-)superati dalla Gran Bretagna.
Se poi teniamo conto del prodotto lordo espresso non in dollari ma a parità di potere di acquisto scendiamo ulteriormente in graduatoria: siamo infatti solo decimi, dopo Stati Uniti, Cina, Giappone, India, Germania, Regno Unito, Russia, Francia e Brasile, tallonati da vicino da Messico, Spagna e Corea del Sud.
(I dati 1990 e 2008 sono dedotti dal "dossier Davos" pubblicati dall'International Herald Tribune del 27/1/2010; i dati sul potere d'acquisto sono quelli forniti dalla CIA, e si riferiscono al 2009)

Il nuovo orario ferroviario.

Anche la Lombardia è partecipe di questo arretramento. Se ne è accorto persino Bossi, che l'ha dichiarato in campagna elettorale (ma forse avrebbe fatto meglio ad informare i suoi al Pirellone, che evidentemente pensavano ad altro).
Non mi fermo sui temi della corruzione (non solo nella sanità), della perdita di posti di lavoro, dell'impoverimento della scuola pubblica, delle discriminazioni contro gli immigrati e i poveri, mentre tutta l'attenzione della maggioranza è rivolta all'occupazione di poltrone, anche in vista degli appalti per l'esposizione del 2015.
Voglio solo sottolineare un aspetto secondario, ma emblematico, di questa decadenza: dopo il flop di Malpensa (ricordate i proclami?), e dopo che in tutta Europa si sviluppa il trasporto su ferro, Milano ha perso metà dei suoi collegamenti ferroviari diretti con l'estero. Il nuovo orario, in vigore ormai dal 13 dicembre scorso, ha cancellato i treni per Amsterdam, Monaco, Nizza, e ha drasticamente ridotto il numero di corse per altre destinazioni.
Sappiamo che la Regione non ha competenze per le ferrovie extraregionali, ma questo drastico ridimensionamento dl servizio mi sembra un segno chiaro della perdita di peso della Lombardia in Europa, e del disinteresse di questa giunta.

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