21 dicembre 2009

Dal Sahara alla Palestina: due storie esemplari.

di Piero Basso

Sahara occidentale e Palestina sono due paesi occupati da decenni da potenze straniere che vi hanno eretto dei muri che l'Occidente sembra non vedere. L'articolo racconta brevemente due storie di grande coraggio, lo sciopero della fame di una difensora saharaoui dei diritti del suo popolo e di giovanissimi israeliani obiettori di coscienza.



Dal Sahara alla Palestina: due storie esemplari.

In un paese come il nostro, dove "sciopero della fame" evoca le manifestazioni pubblicitarie di Marco Pannella, e "obiezione di coscienza" evoca il comodo alibi dei medici che vogliono fare carriera negli ospedali lombardi, è bene ricordare che chi ricorre a queste forme estreme di lotta politica è sorretto da fortissime motivazioni ideali e ben spesso paga un carissimo prezzo.
Oltre al coraggio dei protagonisti, vi è anche altro che rende simili le due storie: si svolgono in due paesi, il Sahara occidentale e la Palestina, entrambi occupati ed entrambi divisi al loro interno da un muro fortificato che li divide in due parti: nel Sahara il muro separa la zona costiera, ricca di risorse minerarie e di acque pescose, occupata dal Marocco, dall'interno desertico, dove gran parte della popolazione si è rifugiata al momento dell'occupazione, e vive in condizioni drammatiche da oltre trent'anni. In Palestina il muro corre in parte lungo il confine e in parte attraversa il paese separando le famiglie, i giovani dalle loro scuole, gli uomini dai loro campi, gli ammalati dagli ospedali.

Aminatou Haidar è una militante pacifista saharaoui, che per il suo impegno ha già trascorso numerosi anni in carcere. Insignita a New York del prestigioso premio "Civil Rights Award" della Fondazione Train, al suo ritorno in patria le autorità marocchine le hanno sequestrato il passaporto e l'hanno espulsa verso le Canarie, ultima tappa del suo volo di ritorno.
Aminatou Haidar ha rifiutato l'offerta di un passaporto spagnolo che le avrebbe consentito di rientrare "straniera nella propria patria", e dopo 32 giorni di sciopero della fame che l'ha ridotta in fin di vita ha obbligato le autorità marocchine a cedere, per il timore che l'eco che la sua morte avrebbe potuto avere nel mondo, e il 16 dicembre ha potuto rientrare a El Aiun, capitale del Sahara occupato, senza condizioni.

Da sempre la repressione contro i palestinesi, culminata un anno fa col violentissimo attacco a Gaza, ha suscitato la protesta di una coraggiosa minoranza di israeliani, tra cui molti militari che hanno fatto l'esperienza della repressione antipalestinese dalla parte sbagliata della barricata.
Oggi sono alcuni giovanissimi, che rifiutano l'arruolamento per non dovere andare contro i loro convincimenti più profondi.
Possiamo vedere i loro volti e ascoltare le loro parole nel video che segue.
Il video dura meno di tre minuti; è parlato in inglese ma è di facile comprensione: i ragazzi dichiarano il loro nome, la loro età e i motivi per cui si dichiarano obiettori di coscienza ("shiministim"), "contro la repressione, per la pace, per il futuro di tanti ragazzi come noi".


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