29 aprile 2009

Partigiani e repubblichini

di Piero Basso

Sono trascorsi più di dieci anni dal famoso discorso con cui il neo-eletto presidente della Camera, Luciano Violante, PDS; sdogana i combattenti della repubblica di Salò, ma la polemica è ancora viva. Per caso mi imbatto nella storia del torturatore Pietro Koch, che mi sembra esemplare di quanto accaduto in quegli anni, e decido di farla conoscere. E' breve e istruttiva.



Partigiani e repubblichini

In occasione del 25 aprile abbiamo sentito dire da più parti (non solo governative) che i giovani che dopo l'8 settembre in buona fede si schierarono con i repubblichini meritano lo stesso rispetto dei partigiani.
Non dubito che possano esserci stati alcuni giovani che inizialmente si sono schierati in buona fede con la repubblica sociale. E' difficile credere che dopo due anni di repressione e di rappresaglie contro i resistenti e contro la popolazione civile, fossero ancora molti quelli "in buona fede".
Certamente uno che ha capito molto in fretta da che parte stare è Pietro Koch (il nome è tedesco, ma l'origine è romana). Ecco cosa scrive alla sorella pochi giorni dopo l'8 settembre:
"... Si sta sfasciando tutto. Dopo l'armistizio il reggimento si è sciolto. I capi sono fuggiti e anche il re e il generale Badoglio e gli altri generali. Tutti cerchiamo abiti civili e buttiamo via quelli militari. Tutti fuggono e vogliono tornare a casa. Io sono stordito, non capisco più niente. C'è chi va in montagna con i partigiani e chi dice che bisogna difendere in ogni caso la Patria. Ma come? Dove sta la Patria? ...".
Alla fine del '43 scrive di nuovo alla sorella:
"Adesso vedo chiaro che sotto tutto questo imbroglio c'è lo zampino dei comunisti nemici della Patria, della Famiglia, di Dio. Dargli la caccia è il compito del gruppo che abbiamo formato con altri ragazzi in gamba. ... Credimi, dar loro la caccia è diventato un vero piacere, una specie di sport, una caccia grossa perché questi cercano in tutti i modi di resistere. Ma noi abbiamo dei 'metodi' patentati e riusciremo a sterminare questo flagello dell'umanità. Siamo armati di tutto punto, forniti di materiale ultramoderno. Abbiamo automobili a volontà, una vera gang all'americana, e tutto quello che desideriamo, liquori, burro, prosciutto, cioccolata, sigarette a volontà, e ... donnine che con noi non fanno tanti complimenti. E' una vera pacchia, fare il proprio dovere di italiani contro quei maiali servi di Mosca, e intanto vivere bene e divertirsi".
(Le lettere sono state pubblicate da R. De Felice, Mussolini l'alleato, Einaudi, Torino, 1998; io le ho tratte da "Rivalta partigiana" di Donato Antoniello, Comune di Rivalta, 2001).

Due torturatori

Pietro Koch e la sua banda sono stati tra i peggiori torturatori di quel periodo. La sua sede in via Paolo Uccello a Milano fu ben presto ribattezzata Villa Triste. Centinaia, forse migliaia di resistenti o di semplici cittadini vi furono torturati e uccisi. Credendosi superiore a tutti si creò molti nemici anche tra i repubblichini, e alla fine del '44 venne arrestato dalla banda Muti, che si appropriò dell'ingente bottino trovato a Villa Triste. In seguito fu liberato grazie all'intervento di un amico e protettore, il capitano Theo Saevecke, comandante delle SS di Milano ed altro feroce torturatore. Più tardi Koch fu condannato a morte e fucilato, mentre Saevecke, anch'egli condannato a morte per l'eccidio dei quindici martiri di piazzale Loreto, fu protetto dagli Americani durante la guerra fredda, e morì tranquillamente nel suo letto nel 2000.

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